No, se guardiamo all’industria petrolifera, le cui dinamiche sono cruciali per comprendere l’evoluzione dell’offerta petrolifera globale. L’analisi di Ed Morse e Francesco Martoccia per ENERGIA sulle prospettive del mercato del petrolio tra nuovi assetti geopolitici e transizione energetica .
Pandemia, crisi energetica e poi il 24 febbraio 2022 la Russia invade l’Ucraina. Il biennio 2020-22 segna uno spartiacque nell’ordine globale, energetico ma probabilmente non solo. Difficile prevedere cosa ne seguirà. Necessario monitorarne passo passo le evoluzioni, sotto i diversi fronti.
Con questa aspirazione, sul primo numero del 2023 del trimestrale ENERGIA cerchiamo di tracciare i grandi temi da monitorare nel corso dell’anno e gli scenari attesi sotto il profilo macroeconomico e dei diversi mercati: del gas (con Alberto Clò) , elettrico (con Alessandro Sapio), e petrolifero, di cui trattano Ed Morse e Francesco Martoccia di Citigroup.
Secondo questi ultimi, per delineare il profilo futuro dell’offerta petrolifera per il 2023 e gli anni a seguire è cruciale comprendere le prospettive dell’industria petrolifera russa mettendola in relazione a quella degli altri maggiori produttori.
Ad oggi, l’industria petrolifera russa ha sconfessato le previsioni apocalittiche di chi la voleva prossima ad un inesorabile declino
“L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha ripetutamente sovrastimato la perdita di offerta di greggio russo, dai 3,5 mil. bbl/g dello scorso anno agli 1,5 mil. bbl/g dello scorso mese, mentre dopo uno shock iniziale di soli 800.000 bbl/g, la produzione di greggio russa è ritornata sui livelli precedenti lo scoppio del conflitto”.
Che “l’industria estrattiva russa sia caratterizzata da alti costi di produzione, che l’età dell’abbondanza delle riserve della Siberia Occidentale sia finita, che la dipartita delle compagnie occidentali deprivi quelle nazionali di tecnologie e know-how indispensabili”, è solo parzialmente vero. Per comprendere appieno la resilienza dell’industria petrolifera russe e la sua col mercato internazionale è più importante guardare al ruolo della componente fiscale e del rublo. Aspetti che gli autori analizzano nel dettaglio.
Altro aspetto da tenere sott’occhio sono gli “eventuali colli di bottiglia nella logistica dei flussi di esportazione del greggio russo”.
Flussi e aggiramenti
“Questo riequilibrarsi dei flussi commerciali non è stato privo di frizioni, contribuendo alla creazione di un mercato a due livelli in cui il greggio e i prodotti petroliferi russi vengono scambiati ad uno sconto significativo che probabilmente sarà permanente, considerati i maggiori costi dei nei noli a lunga distanza ed eventuali sovrapprezzi per i premi di assicurazione”.
E fuori dalla Russia? “A 12,4 mil. bbl/g, la produzione statunitense di solo greggio può essere ancora circa 600.000 bbl/g più bassa rispetto ai massimi pre-pandemia, ma quando si tiene in considerazione il contributo dei condensati da gas naturale, dei biocarburanti e dei guadagni volumetrici della raffinazione, si nota la vera magnitudine dell’industria petrolifera statunitense” (2. Stati Uniti: fornitori di ultima istanza).
Diversamente da quanto potrebbe apparire con la recente decisione dell’Opec Plus di tagliare ulteriormente da maggio sino alla fine dell’anno la propria produzione, secondo Morse e Martoccia “l’OPEC punterebbe a stimolare gli investimenti mondiali nel mercato degli idrocarburi, a suo avviso depressi anche a causa dell’ostracismo dei governi, di organizzazioni intergovernative come l’Agenzia Internazionale dell’Energia e delle istituzioni finanziarie, spinti da movimenti ambientalisti oltranzisti” (3. La transizione energetica richiede stabilità nel mercato degli idrocarburi).
La transizione energetica richiede stabilità
“In questo contesto, la prossima COP28, in programma proprio nel Golfo, rappresenta un’occasione per l’OPEC per sensibilizzare l’opinione pubblica proprio sulla necessità di mantenere i finanziamenti per il mercato degli idrocarburi in una strategia equilibrata”.
Questo approccio pragmatico alla transizione da parte dei produttori ed esportatori di petrolio pare in sintonia con quello di un importante paese consumatore. “Il principio che non si possa abbandonare tout court l’attuale sistema energetico prima di aver costruito quello nuovo è stato anche uno dei temi centrali dell’ultimo congresso del partito comunista cinese” (4. Certezze e incognite cinesi).
“Saranno per tanto le scelte del governo di Pechino verso una transizione energetica equilibrata e più in generale il quadro economico della Cina ad influenzare maggiormente le dinamiche della domanda mondiale di petrolio nel breve e medio periodo.”
Guardare a valle, non solo a monte
Chiude questa analisi sulle prospettive dell’industria petrolifera, una panoramica del comparto raffinazione, il cui ruolo nel contesto della sicurezza energetica della catena di approvvigionamento degli idrocarburi liquidi viene troppo spesso, e colpevolmente ignorato. “Le decisioni politiche della Cina influenzeranno anche il mercato dei prodotti della raffinazione, per il quale i fondamentali di bilancio risultano più incerti” (5. Sicurezza energetica e il ruolo della raffinazione).
“Sebbene negli anni recenti gli aumenti della capacità di raffinazione mondiale abbiano ecceduto la crescita della domanda di prodotti provocando un surplus strutturale, i progetti di espansione sono stati concentrati prevalentemente in Cina, mentre l’impianto marginale che veniva dismesso era situato solitamente nel bacino Atlantico.
Nel momento in cui la Cina ha ridotto drasticamente le esportazioni di prodotti della raffinazione per ragioni strategiche, si sono manifestati gli effetti della sotto-capacità del settore della raffinazione del bacino Atlantico sui prezzi alla pompa”.
Il post presenta l’articolo di Francesco Martoccia e Ed L. Morse Prospettive del mercato del petrolio, tra nuovi assetti geopolitici e transizione energetica pubblicato su ENERGIA 1.23 (pp. 44-49)
Francesco Martoccia e Ed L. Morse, Citigroup
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