La sicurezza energetica non è più quella che conoscevamo, ora è imprescindibile da quella climatica. Su ENERGIA 2.23, Jason Bordoff e Meghan O’Sullivan descrivono i fattori che ne hanno determinato il cambiamento e i principi guida per perseguirla. Primo su tutti, l‘inscindibilità della sicurezza energetica da quella climatica: nessuna delle due può essere raggiunta senza l’altra.
In poco più di 18 mesi la sicurezza energetica è tornata prioritaria nelle agende nazionali. Eppure, per poterla perseguire consapevolmente ed efficacemente è necessario definirne e comprenderne le nuove caratteristiche.
A quasi un anno di distanza dall’articolo sul Nuovo Ordine Energetico, torniamo a proporre sulle pagine di ENERGIA una ricca analisi di Jason Bordoff e Meghan O’Sullivan, in cui tratteggiano i connotati della nuova sicurezza energetica, tanto cruciale quanto difficile da perseguire.
L’era dell’insicurezza energetica è un importante tassello per la comprensione del Nuovo Ordine Energetico e delle sue implicazioni, che ospitiamo su ENERGIA 2.23 per poterne declinare e approfondire alcuni aspetti: dalle sfide che attendono l’Europa (con i contributi di Prodi e Levy), al ruolo cruciale che giocheranno le infrastrutture energetiche (Venier e Ouki), alle criticità che emergeranno al crescere dell’impiego dei metalli strategici (Poinssot e Proietti Silvestri).
Il sentire comune vedeva il passaggio a nuove fonti di energia non solo come arma contro il cambiamento climatico, ma anche come pietra tombale delle problematiche geopolitiche del vecchio ordine energetico
“La sicurezza energetica è stata storicamente definita come la disponibilità di forniture sufficienti a prezzi accessibili. Ma questa definizione non più in grado di cogliere la realtà”. A guidare la nuova insicurezza energetica sono tre fattori principali: il ritorno della rivalità tra grandi potenze, gli sforzi per diversificare le catene di approvvigionamento, la realtà del cambiamento climatico. Quattro sono invece i principi per tentare di perseguirla. “La politica ha ora l’opportunità di riconsiderarla assieme alla sicurezza climatica, di accordare il giusto peso a entrambe e di rendersi conto che nessuna delle due può essere raggiunta senza l’altra”.
Nella prima parte dell’articolo, gli Autori descrivono come il futuro sia arrivato in anticipo (par. 1), ovvero come si siano intrecciate geopolitica e transizione energetica secondo “dinamiche che una volta erano viste come teoriche o ipotetiche (e) ora sono concrete ed evidenti a chiunque”.
“I tradizionali produttori di petrolio e gas si apprestano ad affrontare il cosiddetto «banchetto prima della carestia», ovvero l’aumento del loro potere e della loro influenza prima che inizino a calare”. Una dinamica che riprende quanto analizzato da Giacomo Luciani nel contributo sulla geopolitica energetica dei paesi del Golfo.
Le scosse degli ultimi 18 mesi illustrano anche come il contesto geopolitico possa influenzare il ritmo e la portata della transizione verso l’energia pulita
Altre previsioni che si stanno realizzando riguardano le preoccupazioni per la maggiore dipendenza dalla Cina, che domina le catene di approvvigionamento dell’energia pulita, come abbiamo avuto modo di approfondire su ENERGIA 3.22, nell’inevitabile competizione industriale che si sta scatenando sulla transizione energetica.
“Piuttosto che elogiare Washington per aver finalmente approvato una legislazione importante in materia di cambiamento climatico, gran parte del mondo si è risentita tacciandola di protezionismo e agitando lo spettro di guerre commerciali legate al clima”. Preoccupazioni di cui non è esente l’Europa, come abbiamo visto nello scorso numero nell’articolo di Georgina Wright e riprendiamo in questo con l’articolo di Proietti Silvestri sul Green Deal industriale europeo.
“Infine, la crisi energetica degli ultimi 18 mesi ha ampliato la spaccatura tra paesi ricchi e paesi poveri”, punto su cui ci hanno invitato a prestare attenzione anche Goldthau e Tagliapietra nel loro articolo sui grandi temi energetici per l’anno in corso.
Il secondo paragrafo (Fonti di stress) inquadra quelli che abbiamo già indicato come i 3 fattori destinati a guidare la nuova insicurezza energetica:
- Il ritorno della rivalità tra grandi potenze in un sistema internazionale sempre più multipolare e frammentato. “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e il suo confronto più ampio con l’Occidente offrono un esempio lampante di come le ambizioni di un unico leader possano generare insicurezza energetica per ampie fasce della popolazione mondiale”.
- Gli sforzi di molti paesi per diversificare le proprie catene di approvvigionamento, come l’IRA degli Stati Uniti: “Se Pechino dovesse dare seguito alla minaccia di ridurre l’esportazione di minerali critici o di batterie avanzate verso le principali economie (proprio come ha interrotto le forniture di terre rare al Giappone all’inizio degli anni 2010), ampi segmenti dell’economia dell’energia pulita potrebbero subire battute d’arresto.
- La realtà del cambiamento climatico: eventi estremi che mettono a rischio infrastrutture vecchie e nuove “diventeranno più comuni man mano che si procede nel percorso di decarbonizzazione, perché un sistema energetico meno dipendente dagli idrocarburi dipenderà maggiormente dall’elettricità”.
L’analisi prosegue approfondendo i 4 principi generali che dovrebbero guidare la ridefinizione del concetto di sicurezza energetica: diversificazione, resilienza, integrazione e trasparenza.
Diversi i dilemmi di diversificazione (par. 3). Dal fatto che l’abbandono delle fossili comporterà, come detto, una concentrazione dei produttori, a quello che “diversificare gli input di energia pulita sarà ancora più difficile che farlo per i combustibili fossili” in quanto “le tecnologie e le loro componenti, a partire dai minerali critici per batterie e pannelli solari, sono ancora più concentrate del petrolio”.
Il secondo (par. 4 – Costruire resilienza) inquadra l’esigenza di un “sistema energetico sicuro (…) in grado di resistere e riprendersi rapidamente da shock e interruzioni imprevisti. Alla base vi sono infrastrutture energetiche affidabili”, tema che riprenderemo con l’approfondimento di Venier e con quello di Ouki. Gli sforzi per proteggerle, sia dall’uomo che dalla Natura, si dovranno intensificare tenendo conto che “all’aumentare dell’energia pulita, l’economia diventa anche più digitalizzata ed elettrificata, e quindi esposta a crescenti minacce informatiche”.
“La resilienza richiede anche flessibilità”, non solo con riferimento alle reti elettriche, come avevamo visto nel terzetto di articoli che ha costituito il cuore del numero 4.22, ma anche negli approvvigionamenti dei materiali per le tecnologie low-carbon, ovvero del “bisogno di scorte strategiche degli elementi costitutivi dell’energia pulita” ruolo nel quale la IEA potrebbe svolgere un importante ruolo di coordinamento “se i suoi membri decidessero di ampliarne il mandato”.
Un sistema energetico globale interconnesso rimane la pietra angolare della sicurezza energetica: i mercati sono ancora il modo più efficiente per allocare le forniture
Per piacere, smettiamola di parlare di indipendenza energetica titolava l’articolo di Daniel Raimi (ENERGIA 2.22) ed è sostanzialmente il medesimo messaggio che Bordoff e O’Sullivan racchiudono nel loro terzo principio, integrazione come assicurazione (par. 5). Da accantonare sarebbe quindi l’idea del “maggiore isolamento dalla geopolitica che probabilmente deriverebbe dalla fine dell’era dei combustibili fossili”.
“Mercati dell’energia interconnessi e ben funzionanti aumentano la sicurezza energetica consentendo all’offerta e alla domanda di rispondere ai segnali di prezzo in modo che l’intero sistema possa gestire meglio gli shock imprevisti”. Numerosi sono gli esempi al riguardo, dalla recente crisi del gas in Europa scongiurata in gran parte grazie allo shale gas e al GNL, al gelido dicembre texano del 2022, a quelle ormai più lontane di Fukushima e dell’uragano Katrina.
“Almeno per i prossimi decenni, la sicurezza energetica sarà migliorata non attraverso una maggiore autonomia ma, al contrario, grazie a una maggiore integrazione, proprio come è sempre stato (…). Preservare e coltivare l’interdipendenza nell’attuale contesto è però più difficile che mai nella storia recente, poiché tutti i paesi stanno adottando politiche industriali che comportano un maggiore intervento statale nei mercati”, ma anche, potremmo aggiungere, per la deglobalizzazione disordinata e dispersiva di cui scrive Giampiero Massolo nel suo editoriale.
Alcuni sforzi per promuovere l’azione per il clima rischiano paradossalmente di minare la cooperazione alimentando la spinta alla frammentazione e al protezionismo
Ultimo ma non meno importante principio, la trasparenza (par. 6 – Quel che non conosci può farti male), da cui vale ricordare la lezione delle crisi degli anni Settanta che portò alla creazione della IEA: “dati accurati consentono ai mercati di funzionare, prevengono il panico e scoraggiano la speculazione che esacerba i picchi di prezzo, la volatilità e le carenze. (…) Un’economia basata sull’energia pulita avrà bisogno dello stesso tipo di trasparenza”. Come per le scorte, anche per raccogliere “dati sul consumo e sulla produzione di minerali (…) la IEA è evidentemente il miglior candidato”.
La conclusione (par. 7 – Sicurezza e clima) è che sicurezza energetica e climatica sono due facce della stessa medaglia: “nessuna delle due può essere raggiunta senza l’altra”.
Il post presenta l’articolo di Jason Bordoff e Meghan L. O’Sullivan L’era dell’insicurezza energetica pubblicato su ENERGIA 2.23 (pp. 8-15)
Jason Bordoff, Columbia University
Meghan L. O’Sullivan, Harvard Kennedy School
Foto: Pixabay
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