Per fronteggiare la tutt’altro che esaurita crisi energetica proseguendo verso la transizione, occorre prendere atto dell’incertezza che grava sui futuri scenari e flussi di energia. Non esiste un percorso unico; conviene quindi dotarsi di infrastrutture che consentano di tenere aperte numerose porte guardando al futuro con atteggiamento tecnologicamente neutrale. “Ridondanza”, “diversificazione” e “flessibilità” sono le parole chiave nell’analisi di Stefano Venier, AD di Snam, su ENERGIA 2.23.
Sicurezza energetica e sicurezza climatica non possono che andare di pari passo. È quanto emerge a più riprese dal nuovo trimestrale ENERGIA dedicato all’“Europa nell’era dell’insicurezza energetica”. Non perché – come talvolta dipinto – il raggiungimento della sicurezza climatica attraverso l’abbandono delle fossili implicherebbe anche il raggiungimento di quella energetica. Ma perché non è possibile perseguire l’una senza l’altra.
La classica definizione di sicurezza energetica – “disponibilità di forniture sufficienti a prezzi accessibili” – “non è più in grado di cogliere la realtà”, scrivono Jason Bordoff e Meghan O’Sullivan nell’articolo che fa da perno al nuovo numero. “A guidare la nuova insicurezza energetica sono tre fattori principali: il ritorno della rivalità tra grandi potenze in un sistema internazionale sempre più multipolare e frammentato, gli sforzi di molti paesi per diversificare le proprie catene di approvvigionamento e la realtà del cambiamento climatico”.
Se il loro articolo ci aiuta a ridefinire il concetto di sicurezza energetica, con quello di Stefano Venier entriamo nel vivo delle azioni e degli strumenti che ci consentono di coniugarla con l’obiettivo climatico: servono più infrastrutture – ossia serve che ci sia ridondanza, “non nel senso comune di sovrabbondanza e quindi di potenziale inutilità, ma secondo il significato ingegneristico, dove più elementi in grado di svolgere una medesima funzione assicurano la maggior affidabilità di un sistema e, quanto al gas, anche un effetto positivo sul fronte dei prezzi” – e serve che tali infrastrutture siano più flessibili – ovvero che reggano flussi di entità variabile e consentano il trasporto di più molecole (compresi biometano e idrogeno).
La guerra in Ucraina ha esacerbato una situazione già sbilanciata
L’analisi dell’amministratore delegato di Snam muove da “un paio di possibili fraintendimenti” che ritiene necessario dipanare. Il primo riguarda l’origine della crisi energetica, una crisi non solo del mercato del gas (par. 1) ma anche “conseguenza di una difficoltà nel mercato elettrico” dovuta a una serie di concause:
- rimbalzo della domanda post-Covid;
- calo della ventosità nel Mare del Nord, dell’idroelettrico per siccità, del nucleare francese per manutenzione;
- non ultimo, “l’asincronia tra il progressivo calo degli investimenti nel settore Oil & Gas e lo sviluppo di fonti alternative decarbonizzate”, non ancora sufficientemente maturo.
Il secondo fraintendimento, “più pericoloso nelle sue conseguenze pratiche”, riguarda l’illusione che la crisi sia oramai alle spalle (par. 2 – Ritrovare la sicurezza energetica per il lungo periodo). Invece, “ci sono diversi fattori che nell’inverno passato hanno giocato positivamente e alcuni di essi potrebbero non ripetersi”.
Ad esempio, “la Cina potrebbe ritornare con maggior forza sul mercato del GNL per alimentare la ripresa della sua economia”. Basti pensare che “nel 2022 la Cina ha importato 23 mld m3 in meno rispetto all’anno precedente, mentre verso l’Europa e il Regno Unito ne sono arrivati 65 miliardi in più”.
Il centro di gravità del sistema energetico europeo si è spostato
“Siamo quindi ancora «dentro» la crisi”. Una crisi che “si innesta nel bel mezzo di una transizione già di per sé profonda, visto che non riguarda esclusivamente la disponibilità degli approvvigionamenti ma un salto qualitativo da vecchie a nuove fonti di energia, a nuovi vettori, a nuovi sistemi e dispositivi di produzione e consumo”.
Ed è qui che l’analisi entra nel vivo, affermando la necessità di ricomporre il trilemma energetico (par. 3). Se finora “la risposta alla crisi è avvenuta principalmente attraverso contromisure «congiunturali»”, come ad esempio “il rovesciamento di 180 gradi della clessidra degli approvvigionamenti nel verso Sud-Nord” (“uno sforzo ingegneristico non banale”), è ora “arrivato il momento di mettersi alla prova elaborando soluzioni di ampio respiro e di carattere infrastrutturale, che tengano in considerazione i fatti nuovi imposti dai mutati equilibri geopolitici e dalle esigenze della transizione”, con l’obiettivo di scongiurare i colli di bottiglia e gli stress a cui le reti sono state sottoposte nell’ultimo anno. Ecco perché “ogni progetto di sviluppo (reti e stoccaggio, per quanto riguarda il gas) deve essere ripensato e rivisitato sotto questa luce”.
Nessuna trasformazione nella storia (e tantomeno nella storia dell’energia) è avvenuta secondo un processo lineare e sincronizzato
Per ricomporre il trilemma, insomma, occorre prendere atto dell’“incertezza che grava sui futuri scenari e flussi di energia, una difficoltà che per essere superata richiede la necessità di dotarsi di infrastrutture più ampie e più flessibili” (par. 4 – Transizione nell’era dell’insicurezza energetica).
“Se non esiste un percorso unico di transizione energetica conviene quindi dotarsi di un «corridoio di sicurezza» che garantisca un passaggio il più indolore possibile, tenendo aperte numerose porte e guardando al futuro con un atteggiamento tecnologicamente neutrale”. Anche, e soprattutto, nei confronti del gas naturale, che può, assieme alle sue infrastrutture, “costituire lo strumento più adatto ad assorbire le fluttuazioni o le future minicrisi del percorso che stiamo attraversando”.
La visione di Snam: investire nel repurposing e nello sviluppo di infrastrutture competitive e dedicate al trasporto di «molecole verdi», dal biometano all’idrogeno
Infrastrutture per il suo trasporto ed utilizzo che devono poter garantire un adeguato margine di ridondanza, per il quale l’Italia può e deve svolgere un ruolo importante, grazie al “carattere strategico” di opere come la Linea Adriatica e gli stoccaggi.
“Il rafforzamento della connessione Sud-Nord non viene incontro solamente a bisogni di breve-medio periodo (…). L’Adriatica potrà diventare proprio nella prospettiva della transizione green la nuova rotta dedicata all’idrogeno, non appena la sua produzione arrivi a toccare livelli quantitativi sufficienti in virtù dell’eccesso di generazione elettrica da fonti rinnovabili nel Sud del Paese o addirittura, e sperabilmente, dal Nord Africa”.
La politica energetica europea, come quella degli altri blocchi, deve fare i conti con più urgenze
“La politica” scrivono Bordoff e O’Sullivan “ha ora l’opportunità di riconsiderare la sicurezza energetica assieme a quella climatica, di accordare il giusto peso a entrambe e di rendersi conto che nessuna delle due può essere raggiunta senza l’altra”. Come scrive anche Venier nelle sue conclusioni (par. 5), infatti, le crisi che hanno stravolto il mondo negli ultimi anni ci hanno posto “al cospetto di una transizione energetica diversa da quella che ci saremmo aspettati fino a pochi mesi fa, sempre più policy-driven piuttosto che business-driven”.
Politica e politiche che non devono tuttavia risultare restrittive, ma al contrario fungere da “trigger dei nuovi sviluppi”. Per fare i conti con l’incertezza e la molteplicità delle urgenze occorre darsi “ampi gradi di libertà” senza adottare “atteggiamenti troppo rigidi sul distacco dalle fonti fossili”, seguendo in qualche modo l’esemplare opportunismo dell’Inflation Reduction Act.
Un cambio di rotta, quindi, rispetto all’approccio forse troppo prescrittivo adottato sinora dall’Unione Europea. “I primi passi dei nuovi market design europei dovrebbero essere mossi all’insegna di maggior velocità, semplicità e flessibilità. Servirebbe una sorta di nuovo laissez faire che consenta all’Europa di fare leva sulle sue potenzialità e di «abilitare» tutte le sue possibili carte”.
Il post presenta l’articolo di Stefano Venier Più infrastrutture per coniugare sicurezza e transizione energetica pubblicato su ENERGIA 2.23 (pp. 26-31)
Stefano Venier è CEO di Snam
Foto: Unsplash
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