10 Luglio 2023

64 elementi per 2 transizioni (energetica e digitale)

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In poco più di 100 anni siamo passati da una società fondata su meno di una dozzina di metalli a una che mobilita almeno due terzi degli elementi della tavola periodica. Elementi sempre più richiesti in vista non di una, ma di ben due transizioni globali: quella energetica e quella digitale. L’articolo di Christophe Poinssot su ENERGIA 2.23.

La duplice e contestuale ricerca della sicurezza energetica e della sicurezza climatica descritta da Bordoff e O’Sullivan su ENERGIA 2.23 non può prescindere dall’adozione di una strategia sulle risorse necessarie a realizzare le due transizioni – energetica e digitale – che tutti i paesi ambiscono a portare avanti in parallelo.

Nella sua analisi pubblicata sullo stesso numero, Christophe Poinssot del francese Bureau de Recherches Géologiques et Minières affronta le principali criticità sul percorso delle due transizioni: la scarsità di risorse oggi disponibili, la loro concentrazione geografica, la dipendenza dei paesi europei.

Vero è che con il Green Deal Industrial Plan, analizzato sempre sullo stesso numero da Chiara Proietti Silvestri, l’Europa sta tentando di recuperare il controllo su alcune fasi della catena del valore della transizione energetica. Servirebbero però enormi investimenti per competere con i paesi che già dominano i mercati di alcuni metalli, uno su tutti la Cina, come abbiamo approfondito su ENERGIA 3.22.

Entro il 2035 il mondo non avrà risorse sufficienti di litio, nichel e cobalto per consentire ai veicoli di passare alla modalità completamente elettrica, come l’Europa ha deciso

“Si è passati nell’arco di poco più di un secolo da una società fondata su meno di una dozzina di metalli a una che mobilita almeno due terzi degli elementi della tavola di Mendeleev”.  Il mercato sarà in grado di soddisfare la crescente richiesta di risorse, nei tempi compatibili con le traiettorie delle due transizioni?

L’articolo di Poinssot analizza i fattori che condizionano la crescita della domanda di risorse minerarie, sia in termini quantitativi che di diversità, e individua le linee di azione a nostra disposizione per ridurre l’insicurezza lungo il percorso di transizione energetica e digitale.

Dal lato dei fabbisogni, un primo fattore che spinge in alto la domanda è la crescita economica dei paesi in via di sviluppo, con conseguente aumento dei consumi mondiali di beni e servizi.

Il secondo è la transizione energetica, poiché le tecnologie low-carbon sono avide di risorse: si pensi che “un parco eolico offshore da 1 MW consuma 6 volte le risorse necessarie a una centrale a carbone di pari potenza”, e che “un’auto elettrica impiega 6 volte le risorse richieste per un equivalente veicolo termico”, anche in termini di tipologia.

La sola auto elettrica è attesa sospingere i fabbisogni di litio di circa 40 volte da qui al 2040, di nichel e cobalto di 20, di terre rare di 7

Il terzo fattore è la transizione digitale, che sta interessando tutti gli aspetti della società (inclusa l’energia). “Il fabbisogno di metalli e minerali del settore digitale è in generale inferiore in quantità rispetto a quello delle tecnologie low-carbon, ma, in compenso, è più diversificato e richiede più alti livelli di purezza”.

“Le tecnologie moderne mobilitano complessivamente circa due terzi degli elementi della tavola periodica, due terzi dei quali sono necessari per entrambe le transizioni. In caso di tensioni lato offerta, è dunque plausibile che sorgano conflittualità e un complesso dibattito su dove sia prioritario impiegarli”.

A complicare il quadro intercorrono anche alcune specificità di mercato di cui bisogna avere consapevolezza. Per esempio, poiché “molte risorse minerarie costituiscono dei co-prodotti di un metallo principale”, l’offerta (e il prezzo) di un metallo secondario non dipendono dalla sua domanda, ma dall’andamento del mercato del metallo principale.

Il litio impiegato in alcune auto elettriche vendute in Europa, prima di contribuire al primo chilometro del veicolo, potrebbe aver già percorso più di 50.000 km

Inoltre, “l’ottimizzazione mondiale delle catene di produzione ha portato nell’arco di una ventina di anni a una territorializzazione delle diverse fasi in funzione dei vincoli economici, ambientali, sociali”, cosicché alcuni elementi vengono estratti in un paese, raffinati in un altro, trasformati in un altro ancora, e così via.

Come superare questi ostacoli e rendere più sicure le transizioni energetiche e digitali in Europa? “Per avere il controllo degli approvvigionamenti, bisogna governare l’intero processo”. Quindi riciclo, innanzitutto, e poi il riavvio dell’attività mineraria nel continente, che oltre a standard ambientali più elevati che in altri paesi, “consentirebbe maggiore diversificazione geologica e di conseguenza un più grande ventaglio di risorse reperibili a livello comunitario”.

Il riciclo risulta conveniente solo nel caso di materie prime di grande valore come il piombo, l’argento, l’oro, attualmente recuperati per più del 50%

Si pensi ai paesi scandinavi, o alla Francia “che potrebbe reperire a livello domestico una parte significativa delle risorse di cui necessiterà per molti anni”, ad esempio di litio.

Per superare gli ostacoli alla riapertura delle miniere in Europa e l’ipocrisia del Not In My Backyard “le miniere di domani dovranno essere concepite per avere un impatto ambientale il più possibile contenuto e dovranno risultare accettabili a livello sociale”.

D’altra parte, senza miniere non sarà possibile rispettare le traiettorie della transizione energetica indicate dall’Unione Europea. “Con un tempo medio per rendere operativa una miniera che va dai 15 ai 20 anni, è evidente che le decisioni che prendiamo oggi avranno un impatto solo nel prossimo decennio”.


Il post presenta l’articolo di Christophe Poinssot La sfida dei metalli strategici per la transizione energetica e digitale pubblicato su ENERGIA 2.23 (pp. 42-46)

Christophe Poinssot è direttore generale e scientifico del BRGM, Bureau de Recherches Géologiques et Minières


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