Su ENERGIA 2.23, la consueta «Lettera da Bruxelles» di Valeria Palmisano Chiarelli ci porta nelle stanze dell’Unione Europea dove si fa la politica energetica e climatica, questa volta volgendo lo sguardo critico e documentato su auto e casa, ovvero ciò che “più rappresenta l’emancipazione delle famiglie italiane nella ripresa economica del dopoguerra”.
Non ci è dato sapere con precisione a quando risalga la scoperta del fuoco e la sua «domesticazione» da parte della nostra specie, ma siamo certamente nell’ordine di milioni di anni fa. (…) C’è da chiedersi cosa penserebbero i nostri preistorici antenati ad apprendere milioni di anni dopo che la loro trovata sia tacciata di mettere a rischio la sopravvivenza della specie sul Pianeta e che per preservare la vita in un clima ostile si stia valutando – perché così viene chiesto – di fare a meno da qui in avanti proprio di quella scoperta che ci hanno lasciato come testamento evolutivo: la combustione.
(…) Uno dei motivi per cui alcune delle ricette per la decarbonizzazione proposte da questa Commissione europea restano così controverse va forse ricercato nel fatto che, in modo draconiano, hanno toccato quanto, nell’immaginario collettivo, più rappresenta l’emancipazione delle famiglie italiane nella ripresa economica del dopoguerra: la casa e l’automobile.
I nuovi requisiti proposti nei settori del trasporto e dell’edilizia, tutti derivanti dal pacchetto legislativo Fit for 55, hanno dato indicazioni estremamente prescrittive sulle soluzioni tecnologiche con cui conseguire la riduzione delle emissioni e in tempi assai rapidi, tanto per i motori delle automobili quanto per i sistemi di riscaldamento delle abitazioni, di fatto puntando all’eliminazione di qualsiasi soluzione che contempli la combustione. D’altra parte, manca circa un anno alle prossime elezioni europee, vale a dire che restano pochi mesi a disposizione per discutere una serie di temi ancora aperti e altamente controversi in questi due settori prima che una nuova Commissione e un nuovo Parlamento arrivino a stabilire le sorti di quanto è stato fatto fino ad oggi: continuità o cambiamento?
Una Commissione affetta da “bulimia normativa”
Che questo ciclo istituzionale sia stato affetto da bulimia normativa è ormai sotto gli occhi di tutti. Al coro degli esterrefatti per la mole di provvedimenti da esaminare, valutare negli impatti, negoziare e immaginare di recepire negli ordinamenti nazionali, si è aggiunto recentemente anche il Presidente francese Emmanuel Macron, che l’11 maggio scorso nel presentare a una platea di industriali la nuova strategia per accelerare la reindustrializzazione del Paese, con particolare riferimento al settore automobilistico, ha chiesto (1) una «pausa normativa europea sugli standard ambientali», perché nel continuare ad apportare ancora nuove modifiche si rischierebbe di «perdere tutti gli attori». Pochi giorni dopo gli ha fatto eco (2) il Primo Ministro belga Alexander De Croo (…).
Il Belgio, vale la pena ricordarlo, è stato fra i paesi che durante i negoziati hanno difeso con più forza un phase-out anticipato dei motori a combustione per le auto e i veicoli commerciali leggeri, ben prima del 2035. Poi sappiamo come è andata a finire. L’intervento last minute della Germania in sede di approvazione dell’accordo politico di ottobre (…) ha portato a un impegno da parte della Commissione a (…) presentare una proposta (legislativa, nello specifico un atto delegato) sull’immatricolazione dopo il 2035 di veicoli che funzionano «esclusivamente con combustibili neutri in termini di emissioni di CO2». Impegno che resta tutto da confermare, e che non ha disambiguato le intenzioni della Commissione circa la questione della neutralità tecnologica, vero nodo da sciogliere.
(…) La buona notizia è che su questo i giochi sono tutt’altro che chiusi, perché nel 2026, quindi già durante il prossimo ciclo istituzionale, il Regolamento sui limiti alle emissioni per auto e veicoli commerciali leggeri dovrà essere riesaminato per valutarne l’efficacia e l’impatto «tenendo conto degli sviluppi tecnologici e l’importanza di una transizione economicamente sostenibile ed equa dal punto di vista sociale», come si legge nel testo finale. E nel mentre, perché le visioni della Commissione si materializzino, dovranno verificarsi tutta una serie di condizioni che l’Italia ha riassunto bene nella suddetta dichiarazione:
(i) lo sviluppo di una catena del valore per i motori elettrici e le batterie nell’Unione;
(ii) un approvvigionamento sostenibile e diversificato delle materie prime necessarie;
(iii) adeguate infrastrutture di ricarica e rifornimento;
(iv) un potenziamento della rete elettrica per far fronte all’aumento della domanda;
(v) adeguamento dell’intero settore automobilistico, anche fornendo le competenze necessarie;
(vi) accettazione da parte del mercato di veicoli nuovi, che dovrebbero essere disponibili a un prezzo abbordabile, in particolare per le famiglie e i consumatori più vulnerabili.
All’interno dell’Unione i sistemi di alleanze restano importanti
Mentre si accompagna questo ciclo istituzionale a chiusura, e per tenere vivi gli animi, si continuano a discutere i nuovi standard Euro 7 e il Regolamento che la Commissione ha presentato a febbraio sugli standard per i veicoli pesanti nuovi, anche in questo caso riferiti alle emissioni allo scarico. Stesso copione, stesse dinamiche, stesse care vecchie regole da tenere a mente prima di entrare in ogni negoziato europeo che si rispetti: se, per chi dà i numeri, i dati non sono in genere la migliore delle risposte, per contro, al Consiglio, i numeri possono avere il potere di ricondurre alla ragione. Motivo per cui i sistemi di alleanze restano importanti.
Sui nuovi standard Euro 7, ad esempio, in Consiglio si è già formata una coalizione di otto paesi che in un non-paper ha espresso la sua contrarietà all’entrata in vigore dei nuovi requisiti a partire dal 1° luglio 2025 (…) con numeri ampiamente sufficienti a bloccare la proposta in Consiglio dove, peraltro, a partire da luglio sarà la Spagna ad avere la presidenza di turno, un paese già familiare con gli scioperi ad oltranza degli autotrasportatori che si prepara a un appuntamento elettorale importante nel corso del semestre.
Dall’auto alla casa
Questioni di politica interna – domestiche, di casa – che tante volte concorrono a determinare le sorti degli euro-equilibri. E di casa vale anche la pena parlare, per completare il quadro sulle sorti della combustione nell’ultimo miglio di questa legislatura, in questo caso con riferimento al focolare domestico.
Il negoziato finale sulla Direttiva per la prestazione energetica degli edifici prende il via il 6 giugno con il primo trilogo e si preannuncia complesso per via delle dinamiche che si sono prodotte fra i governi durante l’esame della proposta. (…). E fra le norme di questa proposta ancora tutta da discutere sono ricomprese anche quelle che riguardano i sistemi di riscaldamento che possono utilizzare combustibili fossili come il gas naturale, ma che a parità di tecnologia potrebbero utilizzare anche gas rinnovabili e low-carbon. La posizione concordata dal Consiglio (10) prevede che per queste soluzioni sia posto un termine agli schemi di incentivazione a partire dal 2025, termine anticipato al 2024 nella posizione votata a marzo dal Parlamento (11). In prospettiva interviene anche la Comunicazione sul risparmio energetico(12) presentata a maggio con il REPowerEU, che prevede di porre fine all’immissione in commercio delle caldaie autonome a combustibili fossili a partire dal 2029.
Si tratta delle nuove norme sull’ecodesign che la Commissione intende presentare nel corso del mese di giugno e che, stando alle prime indiscrezioni, dovrebbero portare a un nuovo parametro di efficienza che renderebbe fuori mercato anche le caldaie individuali che possono utilizzare gas rinnovabili o biometano.
Biometano si, biometano no?
Quello stesso biometano che, con il REPowerEU, la Commissione si era impegnata a promuovere fissando un obiettivo di sviluppo fino a 35 miliardi di metri cubi al 2030, ma che tuttavia si fatica a capire in quale ambiti possa trovare dei segnali incoraggianti per trainare gli investimenti – ad alto valore aggiunto – in un settore in cui l’Italia vanta una posizione più avanzata rispetto al contesto europeo (13).
Saranno forse domande da porre alla prossima Commissione e al prossimo Parlamento. Nel mentre, e visto però che non siamo ancora nel terzo dopoguerra, nel contesto attuale e nonostante tutte le migliori intenzioni è forse prematuro scommettere su quali saranno nel Metaverso collettivo i simboli che incarneranno in futuro il benessere della nostra società post-combustione. O forse ci vorrà un Prometeo sostenibile e avanzato disposto a rubare e riportare agli uomini che tanto hanno indispettito gli dèi negli ultimi tempi una scintilla rinnovabile. E la storia potrebbe ripetersi. La prossima Commissione potrebbe esordire con un Pandora Package, i mali del mondo potrebbero continuare ad affliggere il Pianeta, con un fondo di speranza che resterebbe, nelle pieghe di un considerando di un Regolamento, a sostenere gli uomini anche nei momenti di maggior sconforto.
Il post riproduce parti dell’articolo di Valeria Palmisano Chiarelli La scoperta del fuoco pubblicato su ENERGIA 2.23 (pp. 74-77)
Valeria Palmisano Chiarelli è esperta di Affari Istituzionali europei
Foto: Unsplash
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