19 Luglio 2023

Direttiva «case green»: l’analisi di RSE

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Che impatti avrebbe il recepimento della Direttiva «case green» sul parco edilizio italiano? Secondo l’analisi RSE pubblicata su ENERGIA 2.23, nell’ipotesi più ambiziosa arriverebbe a costare sino a 420 miliardi di euro, pari a 22.000 euro a famiglia, a fronte di una riduzione dei consumi energetici attuali del settore di circa il 50% e di un risparmio in bolletta di 1.000 euro all’anno.

L’efficientamento energetico e la promozione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili sono due direttrici cruciali per il raggiungimento dell’obiettivo net-zero entro il 2050 che investono necessariamente anche il parco abitativo.

Il recente via libera del Parlamento europeo alla cosiddetta Direttiva «case green» prevede la classe energetica E entro il 2030 e quella D entro il 2033 per gli edifici residenziali. La proposta, ora in attesa di essere negoziata con Consiglio e Stati membri, porterebbe senz’altro più efficienza energetica, ma solleva preoccupazioni per gli impegni economici e per gli impatti che determinerà sui costi.

Nell’ultimo trimestrale di ENERGIA, Marco Borgarello, Lorenzo Croci, Francesca Talamo, Ennio Brugnetti, Francesco D’Oria, Stefano Sabbatini presentano uno studio RSE che inquadra la proposta di direttiva e quantifica per l’Italia l’ammontare di edifici che ne sarebbero interessati e i costi relativi al raggiungimento di entrambe le classi energetiche.

Il 90% degli edifici esistenti in Italia si trova nelle classi energetiche E, F, G e, secondo la direttiva proposta, dovranno raggiungere le classi E e D entro rispettivamente il 2030 e il 2033

L’articolo muove dalla contestualizzazione della transizione energetica del settore residenziale (par. 1) presentando nel dettaglio la proposta del Parlamento europeo rinominata Direttiva «case green».

“Nella strategia europea il settore residenziale ha sempre assunto un ruolo di primo piano in quanto responsabile del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra. A partire dalla Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia, chiamata «Energy Performance Buildings Directive» (EPBD) (1), vi sono stati una serie di aggiornamenti (2) sino alla proposta di revisione prevista per la fine del 2023, con l’adozione nel 2024; ad oggi, il testo è stato approvato dal Parlamento europeo e dovrebbe iniziare la fase di negoziazione con il Consiglio”.

Segue l’analisi dell’impatto della proposta di direttiva EPBD per l’Italia (par. 2), nella quale gli Autori presentano lo stato del parco edilizio italiano e dell’attività di riqualificazione avvenuta sinora e propongono una stima degli edifici che potrebbero essere interessati dalla proposta di direttiva (“poco meno di 8,8 milioni di edifici, pari a circa 18,8 milioni di abitazioni”).

Come intervenire per promuovere l’efficientamento degli edifici e a quali costi?

La terza parte dello studio si concentra su come sostenere la trasformazione. “Per rispondere a questi interrogativi RSE ha considerato il caso di due tipologie maggiormente presenti nel parco edilizio italiano: gli edifici monofamiliari e i medi condomini”.

“In generale, per un edificio monofamiliare, la soluzione più semplice per il raggiungimento della classe E (primo step) è quella di sostituire la caldaia convenzionale con una pompa di calore (PdC), che sconta una maggiore efficienza ed un maggior utilizzo di fonti rinnovabili (FER), oltre che predisporre un adeguato sistema di regolazione. Se si vuole invece arrivare in classe D (prevista per il 2033) sarà necessario prevedere in integrazione anche l’installazione di un impianto fotovoltaico. Si può parimenti arrivare alla classe D con un intervento sull’involucro posando il cappotto termico, cui abbinare anche una caldaia a condensazione”.

Viene altresì proposta una stima dei relativi costi. “Considerando dunque la fattibilità da un punto di vista economico, se si considera l’obiettivo di minima, ovvero il raggiungimento della classe energetica E calcolato sul totale degli edifici esistenti da efficientare (8,8 milioni di edifici), l’impegno, cumulato al 2030, a carico delle famiglie sarebbe di circa 200 miliardi di euro a prezzi correnti (Fig. 4). Uno sforzo doppio sarebbe necessario per portare tutti gli edifici in classe D, con un impegno compreso tra 365 e 420 miliardi di euro, in funzione delle diverse variabili”.

Sino a 420 miliardi di euro per l’obiettivo più ambizioso, a fronte di una riduzione dei consumi energetici attuali del settore di circa il 50%

“Generalizzando, ogni famiglia interessata dalla Direttiva «case green» dovrebbe sostenere un costo di circa 22.000 euro, con un risparmio sulla bolletta di circa 1.000 euro all’anno. È una valutazione di massima che non tiene conto della volatilità del prezzo dell’energia e del prezzo del denaro, oltre che di altre variabili finanziarie. Tuttavia, questi macro-dati mettono in luce la difficoltà per una famiglia nel sostenere un costo che avrà mediamente dei tempi di ritorno oltre i 15 anni”. Un investimento che di certo “non sarebbe sostenibile senza l’aiuto di finanziamenti pubblici”.

15 anni i tempi di ritorno medi dell’investimento

Ed è solo uno degli ostacoli che un’operazione così mastodontica comporterebbe. Basti pensare che “per rispettare quanto indicato, nell’ipotesi di arrivare in classe D, sarebbe quindi necessario avviare ogni anno, per l’intera durata di 10 anni, circa 880 mila cantieri, più del doppio di quelli aperti fino a febbraio 2023, in occasione del Superbonus (385 mila)”. Per non citare l’impatto che ciò avrebbe sui costi delle materie prime per le ristrutturazioni.

Ostacoli non certo banali, ma che non impediscono agli Autori, nelle loro conclusioni (par. 4), di sostenere che “la «riqualificazione case» ha i numeri e le promesse per essere considerata come una delle possibili soluzioni, perché ha un rapporto interessante in termini di costi e risultati ottenibili, oltre che determinare significativi impatti sul comparto produttivo e sulle esternalità ambientali e sociali”.

A prescindere dalla bontà o meno della proposta, resta da vedere se si riuscirà a trovare un’intesa o se quello delle «case green» non diventerà un altro caso di «bulimia normativa» di Bruxelles che, come bene illustra Valeria Palmisano nella sua consueta «Lettera da Bruxelles» sempre su questo numero, va creando contrapposizioni tra gli Stati in ragione delle specificità nazionali che mal si conciliano con decisioni univoche.


Il post presenta l’articolo di Marco Borgarello, Lorenzo Croci, Francesca Talamo, Ennio Brugnetti, Francesco D’Oria, Stefano Sabbatini Direttiva «case green»: opportunità o asticella troppo alta? pubblicato su ENERGIA 2.23 (pp. 62-67)

Marco Borgarello, Lorenzo Croci, Francesca Talamo, Ennio Brugnetti, Francesco D’Oria, Stefano Sabbatini sono ricercatori RSE, Ricerca sul Sistema Energetico

Foto: Pixabay

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