13 Luglio 2023

Il sistema elettrico non va in vacanza

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L’elettricità è un servizio essenziale per le nostre vite e lo sarà sempre di più: l’adeguatezza della sua infrastruttura non andrebbe valutata come quella di un prodotto finanziario, né i suoi margini di tutela dovrebbero essere dosati con il bilancino, laddove la ridondanza è un valore.

Dopo un inverno complesso, il nostro sistema elettrico si prepara ad affrontare un altro banco di prova: un’estate molto calda con una severa siccità e un numero crescente di condizionatori accesi. Già lo scorso luglio abbiamo evitato il peggio, grazie a misure di emergenza mai attivate prima e a un filo di importazioni.

In quei giorni, oltre all’idroelettrico, un terzo della nostra capacità termica era fuori gioco, proprio quando il caldo faceva impennare il picco di domanda da 55 a 57 GW e la crisi generale in Europa prosciugava il nostro import.

Dal picco dei consumi del luglio del 2022 a quello di luglio 2023

Eppure, si è trattato di uno scarto modesto, con una punta più che superata già nel 2019, quando di certo le auto elettriche e le pompe di calore erano meno di oggi: solo che allora poggiavamo su margini di riserva ben più robusti, seppure perlopiù additati come un problema di sovracapacità produttiva.

In futuro, il picco dei carichi crescerà, con strappi sempre più pronunciati e prolungati. In parallelo, quello dell’acqua sarà un problema non momentaneo, perdipiù diffuso anche a livello continentale. Ciò implica che l’import sarà sempre meno accessibile, specie nei momenti critici. Aumenteranno gli eventi climatici estremi, la cui prevedibilità sarà sempre più sfuggente: in generale aumenterà l’incertezza di contorno ad uno scenario instabile.

Per contro, ci aspettiamo una crescita impetuosa di rinnovabili, di accumuli e di capacità di trasmissione, ma non sarà scontata, né immediata e comunque inciderà sulla programmabilità della produzione, il cui margine di riserva è già ridotto quasi a zero ormai dal 2021. Tuttavia, in un recente rapporto, Terna conclude coraggiosamente che il Sistema risulta adeguato, pur riconoscendo che lo sarà solo “mediamente”, almeno fino al 2030, e che nel breve permarranno “rischi significativi” (fino a 8 volte il massimo Standard) soprattutto al Nord e Centro Nord: il cuore pulsante della nostra economia.

Uno scenario futuro di instabilità cronica?

Ricordando che il nostro è ancora un Paese “fortemente dipendente” dall’import, sul quale tuttavia è “molto rischioso” fare affidamento in futuro, salvo uscire da carbone e olio, nei prossimi anni occorrerà dunque preservare una flotta termica di almeno 54 GW, resa però in grado di non fermarsi d’estate. Anche dopo il 2030, la potenza termica avrà un “ruolo fondamentale”, perché grossa parte del Paese, al di là dei casi estremi, rimarrà comunque soggetta al rischio sistematico di scopertura nelle ore senza insolazione.

Senza almeno 40 GW termici, in assenza di import, potremmo trovarci a superare di oltre 66 volte il massimo Standard di rischio: come se si lasciasse senza elettricità per un anno l’equivalente di 100.000 persone.

Del resto, è un quadro noto da tempo e non solo in Italia; altrove però ci si è già mossi, con una visione di raccordo per superare la transizione.

Francia e Inghilterra hanno stretto un patto di cooperazione e mutuo soccorso, rilanciando su nuovo nucleare e interconnessioni. La Germania non ha esitato a prevedere fino a 25 GW di nuova potenza termica, nativa hydrogen ready, che funzionerà sempre meno ore, solo laddove sole e vento non basteranno. La Spagna è già avanti con le rinnovabili e detiene la più grande capacità di rigassificazione in Europa.

Quanto a noi, intanto abbiamo prolungato il ricorso al carbone, almeno fino a settembre: ma questo servirà ad usare meno gas, inquinando di più, senza risolvere il resto.

Terna  conclude l’analisi auspicando una “profonda riflessione” rispetto alla “strategia energetica nazionale e alla propensione al rischio” del sistema Paese.

Italia: cercasi strategia e governance

Senonché oggi non è chiaro quale sia la nostra strategia energetica e quale la governance del suo processo di guida.

L’ultimo nostro Piano Energetico risale al 2019, quando il mondo era un altro, ma ora servono più che mai piani chiari e azioni concrete, a fronte dei segnali, fin troppo pressanti, che riceviamo.

Le scelte (o non scelte) in campo energetico hanno impatti profondi e di lunga gittata, intersecando altre grandi questioni, come l’acqua, la sicurezza, il clima: l’incertezza non autorizza a non pianificare. Proprio sul clima invece abbiamo solo una bozza di Piano, dal 2016.

L’elettricità è un servizio essenziale per le nostre vite e lo sarà sempre di più: l’adeguatezza della sua infrastruttura non andrebbe valutata come quella di un prodotto finanziario, né i suoi margini di tutela dovrebbero essere dosati con il bilancino, laddove la ridondanza è un valore.

La posta in gioco qui è alta e non è rassicurante richiamare la propensione al rischio per comprendere il quadro generale.

Nei mesi scorsi il sistema Paese ha risposto alla questione gas, speriamo faccia altrettanto per la questione elettricità: nel frattempo, pensiamo alle conseguenze mentre accendiamo il condizionatore in questo caldissimo luglio.


  Carmine Biello è Senior Advisor Apogee Global.


Foto: Unsplash

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