Nonostante le considerevoli sfide, vi sono buone ragioni per ritenere che Italia, Algeria e Libia riusciranno nell’impresa di creare un nuovo hub infrastrutturale del gas nel Mediterraneo. Su ENERGIA 2.23, Mostefa Ouki ripercorre la recente attività diplomatica italiana e fa il punto sulle riserve e le potenzialità di sviluppo produttivo dei due paesi nordafricani.
Il nuovo numero del trimestrale ENERGIA è dedicato all’Europa nell’era dell’insicurezza energetica. Se l’articolo di Bordoff e O’Sullivan che ne fa da cornice ci avverte che sicurezza energetica e sicurezza climatica sono inscindibili e devono essere perseguite contestualmente, l’analisi di Stefano Venier ci propone la “ridondanza” di infrastrutture flessibili come concetto utile per farlo.
Infrastrutture adatte a trasportare il gas – fonte da cui un kWh produce all’incirca il 60% di CO2 in meno di un corrispettivo a carbone, che con il suo 25% resta saldamente sul podio dei consumi energetici primari – e che in prospettiva consentano il trasporto di altre molecole (come biometano e idrogeno).
In un terzo articolo di questo numero proseguiamo lungo questa indagine approfondendo con il contributo di Mostefa Ouki le possibilità che dalla triangolazione Italia, Algeria e Libia sorga nel Mediterraneo un nuovo hub infrastrutturale del gas.
Oltre il 10% di quello europeo del 2021 il potenziale di esportazione di Transmed e GALSI
Dopo aver introdotto la recente intensa attività diplomatica italiana in Algeria e Libia, prima con il Governo Draghi poi con quello Meloni, l’autore presenta il contesto infrastrutturale in essere e le possibili prospettive di sviluppo (par. 1 – Un’ampia infrastruttura commerciale).
“In aggiunta alla proposta di espandere la capacità del gasdotto TransMed, durante la visita del premier Meloni in Algeria è stato riesaminato anche il progetto Gazoduc Algerie Sardaigne Italie (GALSI) (…). Il recente collasso delle forniture di gas russo verso l’Europa e le mutate dinamiche energetiche internazionali hanno riacceso l’interesse verso il progetto, destinato questa volta a trasportare, oltre al metano, anche l’idrogeno blu e verde”.
“L’interrogativo centrale rimane tuttavia se, a fronte dell’espansione delle infrastrutture di trasporto, vi sia un’adeguata offerta addizionale di lungo termine e, viceversa, una domanda sufficiente ad assorbirla”. Quello che il nostro direttore Alberto Clò ha definito “il dilemma della domanda” nel suo articolo sulle due grandi contraddizioni nel futuro del gas pubblicato sullo scorso numero.
Dichiarazioni politiche e memoranda di intesa non bastano però per dare per realizzati i progetti
“Dichiarazioni politiche e memoranda di intesa non bastano però per dare per realizzati i progetti. Molto dipenderà infatti da come evolveranno l’offerta e la domanda di gas dei paesi coinvolti e dai rischi associati.” L’articolo prosegue analizzando nel dettaglio le sfide e le opportunità dell’offerta incrementale di gas dalla regione (par. 2).
Vi vengono analizzate le prospettive della domanda, “uno dei principali fattori che ne frenano l’export”, e dell’offerta algerina, “la questione fondamentale è tuttavia quanto gas sarà disponibile per l’esportazione e quando”. Nonché il bilancio del gas in Libia, “ancor più complesso in ragione dei conflitti politici interni”.
“Nei prossimi tre anni Algeria e Libia potrebbero rendere disponibili altri 10-15 mld m3 di gas per esportarli verso l’Italia. (…) Tuttavia, ogni consistente espansione dell’offerta dai due paesi verso l’Italia e gli altri paesi europei richiederà nuovi investimenti di lungo termine, che dipendono dall’evolversi della situazione sul versante della domanda”.
Passato al setaccio il fronte nordafricano, Ouki passa al vaglio quello europeo, in particolare l’incertezza sulla sua domanda e sulle importazioni di gas (par. 3) a partire dalle discrepanze tra gli scenari IEA e BP, gli obiettivi previsti dal piano REPowerEU e quei “meccanismi regolatori” come il CBAM che “rappresenterebbero una barriera importante, anche se non insormontabile” alla crescita delle esportazioni da Algeria e Libia verso l’Europa.
Il Nord Africa può essere percepito come a maggior rischio rispetto ai principali fornitori di gas dell’area OCSE
Necessario per contestualizzare l’opportunità di rafforzare i legami con i due paesi nordafricani prendere in considerazione quelle altrove, in particolare di paesi amici (par. 4 – i dubbi sull’offerta e sul «friend-sourcing»).
“È verosimile pensare che il Vecchio Continente possa ridurre le importazioni di gas dalle aree ritenute rischiose in favore degli scambi con paesi «amici o alleati», seguendo un approccio di «friend-sourcing» simile al «friend-shoring» applicato alle supply chains? In questo caso, pur non garantendo minori prezzi e maggiore disponibilità, l’aumento delle importazioni di GNL potrebbe ridurre o congelare quelle via gasdotto dal Nord Africa?”.
L’incertezza è da sempre un fattore caratterizzante il mondo dell’energia e pare esserlo diventato ancor più negli ultimi due anni, col sorgere di un Nuovo Ordine Energetico ancora in divenire, ma senz’altro definito dal duplice imperativo della sicurezza e dell’azione per il clima. Ciò nonostante, le considerazioni conclusive (par. 5) di Ouki lasciano trapelare ottimismo circa la possibilità che la rinnovata attività diplomatica sia in grado di trasformare l’Italia in un ponte energetico tra il Nord e il Sud del Mediterraneo: “vi sono buone ragioni per ritenere che questo progetto vada in porto, sebbene le sfide e le incertezze siano considerevoli”.
Il post presenta l’articolo di Mostefa Ouki Gas: verso un nuovo hub nel Mediterraneo? pubblicato su ENERGIA 2.23 (pp. 32-36)
Mostefa Ouki, Oxford Institute for Energy Studies
Foto: Picryl
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