A dar conto ai numerosi recenti episodi in diversi paesi europei, il vento a favore dei verdi sta cambiando drasticamente di direzione dopo che gli elettori hanno cominciato a fare i conti con i costi delle politiche ambientaliste. L’emblematico caso di Brema.
Fra poco meno di un anno, dal 6 al 9 giugno 2024, i circa 448 milioni di abitanti dei 27 paesi dell’Unione Europea saranno chiamati a rinnovare i loro rappresentanti nel Parlamento europeo, nel maggior voto transnazionale nel mondo.
Al Parlamento è demandata poi la nomina del collegio di 26 membri della Commissione e del suo Presidente. In tale carica nel 2019 fu nominata Ursula von der Leyen che ha avviato un’impressionante accelerazione nelle politiche climatiche europee con la promulgazione alla fine di quell’anno della legge quadro Green Deal – che definì come ‘l’equivalente per l’Europa dell’uomo sulla luna’ – incardinata successivamente in un profluvio di provvedimenti volti a conseguire un azzeramento delle emissioni nette europee entro metà secolo.
L’obiettivo della neutralità carbonica al 2050 ha scatenato un profluvio di provvedimenti
Da un giorno all’altro le popolazioni europee sono venute a sapere delle decisioni del Consiglio e Parlamento che imponevano loro costosi obblighi da espletare in tempi relativamente rapidi – dal bando delle auto tradizionali in favore delle sole elettriche, all’efficientamento delle abitazioni, alla bando delle caldaie in favore delle pompe di calore – che si aggiungevano alle politiche di sostegno alle rinnovabili elettriche che continuano a comportare forti aggravi delle bollette.
Provvedimenti decisi senza alcun preventivo dibattito, sia tra le forze politiche che sui media, nella totale assenza quindi di ogni minima partecipazione democratica. Quel che emerge chiaramente anche dal recente Eurobarometro del Parlamento europeo
Basso il grado di soddisfazione del grado di democrazia nelle istituzioni europee
Mentre il presidente francese Macron si augurava una ‘pausa’ nella bulimia regolatoria di Bruxelles, la presidente Ursula von der Leyen e il suo vice Frans Timmermans, hanno informato (o minacciato?) che ‘centinaia di proposte’ sono già all’attenzione del Parlamento per essere approvate entro le prossime elezioni, così che anche una loro sconfitta elettorale non modifichi sostanzialmente la traiettoria europea delle politiche climatiche. Decisioni assunte nella certezza di fare il bene dell’Unione, ma altrettanto certo è che non sia una bella lezione di democrazia.
Sarà comunque interessante vedere come i nostri rappresentanti le valuteranno più ci si avvicinerà alla scadenza elettorale. Come si sa, i consumatori-cittadini sono anche elettori ed allora è opportuno chiedersi come, potendo finalmente esprimersi, reagiranno a provvedimenti che hanno inciso e incidono sempre di più sulla loro vita quotidiana, sulle loro tasche, sul loro lavoro.
Le politiche climatiche hanno aperto pericolose contrapposizioni in diversi settori industriali a partire da quello automobilistico, ove il passaggio all’elettrico potrebbe causare la perdita di lavoro per 600 mila persone.
Le politiche climatiche hanno aperto pericolose contrapposizioni in diversi settori industriali
L’esito elettorale nel 2019 favorì i movimenti verdi che portarono in parlamento 86 rappresentanti (scesi a 75 con l’uscita nel 2020 della Gran Bretagna) su un totale di 705 membri (circa 12%). Anche a livello nazionale il loro peso politico è aumentato, divenendo ad esempio determinante nella coalizione a tre di Olaf Scholz con la decisione di accelerare l’uscita dal nucleare con la chiusura delle ultime 3 centrali in esercizio.
Cosa accadrà il prossimo anno? Nonostante le elezioni europee siano vissute ancora come elezioni politiche nazionali più che strettamente europee, è prevedibile e sperabile, che il tema dei cambiamenti climatici e delle politiche europee di risposta siano al centro dei dibattiti elettorali, anche per evitare che l’atteggiamento degli elettori sia condizionato dal fanatismo green.
Nel citato Eurobarometro, l’alto costo dell’energia è al terzo posto delle priorità degli elettori, subito dopo povertà e salute, mentre per molti altri sondaggi esso condizionerà fortemente il voto.
In conclusione, il voto impatterà in modo consistente sulle forze politiche, sempre che emergano le loro posizioni a favore o contro i provvedimenti proposti al Parlamento. Sarà interessante vedere se gli elettori saranno favorevoli ad inseverire ulteriormente le politiche climatiche sin qua adottate o se cercheranno invece di contenere i sempre più alti costi della transizione energetica, a fronte peraltro di riduzioni delle emissioni globali del tutto marginali.
Lo strano (?) caso delle consultazioni nella città-stato tedesca di Brema
A dar conto ai numerosi recenti episodi in diversi paesi europei, il vento a favore dei verdi sta cambiando drasticamente di direzione dopo che gli elettori hanno cominciato a fare i conti con i costi delle politiche ambientaliste.
Valga su tutti il caso della recente consultazione nella città-stato tedesca di Brema, ove un nuovo partito spuntato dal nulla, i Bürger in Wut (cittadini infuriati), ha raccolto un importante successo con il 10 percento dei voti. Un risultato raggiunto sull’onda del malumore contro le politiche ambientali e favorito dall’assenza del partito rappresentativo dell’estrema destra AfD.
Altro dato rilevante, nella stessa consultazione, il Partito Verde, al governo a Berlino, ha registrato il peggior risultato negli ultimi 25 anni.
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it
Potrebbero interessarti anche:
Il manicheismo europeo sul gas e le sue contraddizioni, di Francesco Sassi, 29 Giugno 2023
Petrolio: l’ingiustificato ottimismo della IEA, di Alberto Clò, 23 Giugno 2023
3 ostacoli delle rinnovabili, di Alberto Clò, 7 Giugno 2023
Politiche di adattamento nell’Unione Europea, di Redazione, 17 Gennaio 2023
Foto: Pixabay
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login