9 Agosto 2023

Nichel: il futuro dell’offerta è nella transizione tecnologica dell’Indonesia

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A livello globale, l’aumento della produzione ha coinciso con una riduzione della domanda, ma nel medio periodo l’offerta potrebbe entrare significativamente in crisi se l’Indonesia non avrà completato una necessaria transizione tecnologica che le consenta di processare nichel di bassa qualità.

Per il mercato del nichel anche il 2023 pare un anno difficile, dopo un 2022 catastrofico, in cui prezzi hanno registrato una costante tendenza al ribasso da gennaio (per una disamina rimando al mio L’anarchia del mercato del nichel pubblicato su Panorama). Questo risultato è imputabile ad un’eccessiva produzione di nichel di Classe 2 da parte di Indonesia e Cina che ha creato un surplus di offerta nel mercato.

Come abbiamo già avuto modo di evidenziare, i prodotti di nichel sono suddivisi in 2 classi: la Classe 1 riguarda i prodotti di alta qualità per l’utilizzo nelle tecnologie delle batterie. I prodotti di Classe 2 comprendono sia il ferronichel (FeNi) che la ghisa di nichel (NPI) comunemente utilizzati nella produzione di acciaio inossidabile, che assorbe circa il 70% della produzione globale.

Ne primo trimestre del 2023 l’Indonesia ha aumentato la produzione di nichel raffinato del 18,5% su base annua da 255.700 tonnellate a 302.900 tonnellate. La Cina ha fatto anche di più aumentando la sua produzione su base annua del 27,7% a 212.000 tonnellate per ridurre la dipendenza dalle importazioni. Al contempo l’aumento della produzione ha coinciso con una riduzione della domanda.

Quindi il nichel si avvia ad un’offerta stabilmente superiore alla domanda?

Per quanto la World Stainless Association nel 2022 abbia visto diminuire la produzione globale di acciaio inossidabile del 5,2% su base annua a 55,3 milioni di tonnellate e preveda che la produzione globale rimarrà stagnante nel 2023, il nichel è atteso da una domanda in crescita trainata dal mercato dei veicoli elettrici: mediamente servono circa 40 chilogrammi di nichel per EV se la sua batteria è realizzata con chimica catodica a base di nichel.

Indonesia: eccesso di fonderie, carenza di riserve?

In realtà l’offerta a medio termine potrebbe entrare significativamente in crisi se il governo indonesiano imporrà, come sta valutando di fare a detta di alcuni media asiatici, un divieto alla costruzione di ulteriori fonderie di nichel. Le risorse indonesiane di minerale di nichel di alta qualità (noto come saprolite, con un tenore in nichel superiore all’1,65%) si esauriranno al più tardi in 9-10 anni.

Naturalmente la notizia circola con cautela per non spaventare i potenziali investitori nell’estrazione del nichel in Indonesia.

La politica del governo indonesiano, in questi anni, di vietare l’esportazione di minerale concentrato ha portato alla proliferazione di fonderie che utilizzano la tecnologia Rotary Kiln-Electric Furnace (RKEF) per la lavorazione del nichel: dalle sette del 2016 si è passati a venti nel 2022. La capacità totale di trattamento di minerale di nichel, attualmente di 135 milioni di tonnellate all’anno, sarà più che triplicata entro due anni poichè ci sono altre 17 fonderie in costruzione.

Secondo il Ministero dell’Energia e delle Risorse Minerarie indonesiano, le rimanenti riserve di minerale di nichel di alta qualità in Indonesia ammontano a 2,75 miliardi di tonnellate, che verranno esaurite in circa 9 anni se non verranno trovate nuove riserve.

HPAL: una necessaria transizione tecnologica

Per quanto l’Indonesia disponga delle più grandi riserve di nichel del mondo (circa il 21% delle riserve globali), questo non garantisce che il Paese sia esente da possibili crisi. Pertanto, oltre ad attivare le necessarie prospezioni si presenta come inevitabile una transizione verso tecnologie che consentano la lavorazione del minerale di bassa qualità, la limonite, attualmente poco utilizzata rispetto alla saprolite.

Va in questo senso l’iniziativa presa dal governo indonesiano di limitare la costruzione di fonderie RKEF, che utilizzano minerale di alta qualità, ed iniziare a promuovere lo sviluppo di tecnologie che trattino il minerale di nichel di bassa qualità attraverso tecniche idrometallurgiche.

Questa scelta contribuisce inoltre al raggiungimento dell’obbiettivo governativo di fare del Paese un polo della catena di approvvigionamento globale delle batterie.

Attualmente, l’Indonesia produce prodotti di nichel di Classe 1 attraverso lo stesso processo pirometallurgico utilizzato per produrre ferronichel e ghisa di nichel con la differenza che vi è l’aggiunta di un processo di trasformazione per migliorare la purezza del prodotto. Il problema è che l’impronta di carbonio generata dalla lavorazione di una tonnellata di nichel di Classe 1 con questa tecnologia è di circa 70 tCO2 per tonnellata: valori che fanno legittimamente dubitare sulla miglior impronta carbonica di un’auto elettrica rispetto ad un ICE.

L’adozione di un processo idrometallurgico come la lisciviazione acida ad alta pressione utilizzando la tecnologia HPAL (High-Pressure Acid Leaching) pare quindi essere una strada obbligata. Il prodotto che si ottiene, un precipitato di nichel noto come MHP (Mixed Hydroxide Precipitate), è un intermedio che può essere ulteriormente lavorato per produrre solfato di nichel di Classe 1 e solfato di cobalto, che sono materie prime per batterie.

Si noti che l’Indonesia è recentemente diventata il secondo produttore di cobalto a livello globale e che questa transizione tecnologica la porterà sempre più, in futuro, a rafforzare questa posizione. Inoltre, la produzione di nichel di Classe 1 attraverso processi idrometallurgici produce un’impronta di carbonio pari a circa 18 tCO2 per tonnellata di nichel prodotto, significativamente ridotta rispetto al processo pirometallurgico descritto sopra.

Gli ostacoli OPEX e CAPEX

Ma la strada verso il processo idrometallurgico presenta anche delle difficoltà da superare in particolare in termini di aumento dei costi operativi (OPEX) richiesti, che lo rendono meno economicamente sostenibile: l’OPEX per la conversione di MHP in prodotti di Classe 1 come il solfato di nichel è di circa 1.500-2.000 dollari per tonnellata di nichel.

Inoltre, sono importanti anche le spese in conto capitale (CAPEX) necessarie per costruire un impianto HPAL: servono circa 65.000 dollari per tonnellata di nichel trattata rispetto ad una fonderia RKEF che richiede un investimento di soli 13.000 dollari per tonnellata di nichel.

Vi sono inoltre alcuni aspetti tecnologici ed ambientali da tenere in considerazione: a partire dalla composizione chimica della limonite con cui si andrà ad alimentare l’impianto, il cui contenuto di silice e magnesio deve esserelimitato per evitare la formazione di incrostazioni che potrebbero causare interruzioni del funzionamento dell’autoclave.

Per quanto la tecnologia HPAL sia sviluppata da oltre 50 anni resta un processo complesso da mettere a regime dove frequentemente intervengono problemi tecnici che ne rallentano il funzionamento minandone la redditività: non è infrequente che l’avvio dell’impianto richieda anche cinque anni.

Problemi ESG

Ulteriori problemi si presentano con lo smaltimento degli sterili di lavorazione che contengono tracce di metalli pesanti che possono contaminare l’ambiente. Si consideri che se la limonite utilizzata ha un tenore in nichel dell’1%, produrre 50.000 tonnellate di nichel all’anno, genererà circa 5 milioni di tonnellate di sterili. Creare delle dighe di sterili in un paese come l’Indonesia dove le precipitazioni tendono ad essere più elevate rispetto ad altre aree subtropicali espone al rischio di potenziali disastri di enormi proporzioni connessi al cedimento delle dighe di sterili. D’altra parte, recentemente il governo indonesiano ha deciso di abbandonare la pratica di rilasciare nell’oceano gli sterili (nota come deep sea tailings disposal) proprio per migliorare le proprie credenziali ambientali agli occhi di clienti, come Tesla, impegnati a migliorare le caratteristiche di sostenibilità dei loro veicoli agli occhi dei “loro” acquirenti.

Anche se le scelte sembrano già definite in realtà resta da comprendere la reale volontà del Paese di abbandonare, da un lato, il carbone (di cui è terzo produttore mondiale) come combustibile, che comporta la chiusura di un mercato interno di produttori locali (privati e statali), e, dall’altro, ciò che più conta in questo momento, ossia la produzione pirometallurgica alimentata a carbone di ghisa di nichel per la produzione di acciaio inossidabile.


Giovanni Brussato è ingegnere minerario e autore del volume Energia verde? Prepariamoci a scavare, ed. Montaonda


Foto: Flickr

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