11 Settembre 2023

BRICS+, nuovo cardine del mondo minerario globale?

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L’estensione del blocco BRICS potrebbe rappresentare un’ulteriore incognita per la transizione energetica occidentale. Notevole è infatti il peso – diretto e indiretto – dei BRICS+ sulle catene di approvvigionamento globali di diversi metalli critici, dalle riserve detenute, all’attività estrattiva, fino alla fase di raffinazione.

Per quanto il blocco BRICS possa essere visto come un contrappeso geopolitico al G7, teso a ridurre la dipendenza dei suoi paesi membri dai sistemi finanziari occidentali, la sua espansione potrebbe avere importanti implicazioni per gli investimenti legati alla transizione energetica dal momento che riunisce grandi detentori di risorse minerarie e produttori di petrolio.

L’entrata dal 1° gennaio 2024 di Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti porterà il BRICS+ a rappresentare 3,5 miliardi di persone, pari a circa il 40% della popolazione globale: un ordine di grandezza ben diverso rispetto ai 775 milioni di residenti nelle nazioni del G7.

Accantonando per un momento le sfide che li attendono in merito a questioni come la sicurezza e la responsabilità ambientale o l’aggiornamento tecnologico dei settori minerari di molti di questi paesi, analizziamo il peso dei BRICS+ sulle catene di approvvigionamento globali di alcuni dei metalli critici necessari alla transizione energetica partendo dall’attività estrattiva per considerare poi la fase di midstream della raffinazione e concludere con l’analisi delle riserve.

Attività estrattiva, una quota significativa di materie prime rimane al di fuori dei due blocchi

Per quanto riguarda l’attività estrattiva risulta evidente che – pur presentando evidenti criticità in alcune materie prime come la grafite, le terre rare o platino e palladio – una quota significativa di materie prime rimane al di fuori dei due blocchi e può costituire un significativo contrappeso.

Per lo meno apparentemente. Vanno infatti tenute in opportuna considerazione le partecipazioni detenute da molte società minerarie in paesi diversi, come quelle di Ganfeng Lithium nella cilena SQM o di Tianqi Lithium nella miniera di Greenbushes in Australia.

Estrazione di materie prime ripartita tra BRICS+, G7 ed i restanti paesi (%)
Fonte: analisi dell’autore su dati USGS, World Mining Data 2022, S&P Global Commodity Insights, Benchmark Mineral Intelligence, Goldman Sachs Global Investment Research.

La produzione del rame avviene in larga parte in Sud America (Cile, Perù e Messico) e sta crescendo significativamente in Africa (Repubblica Democratica del Congo e Zambia). Mentre per nichel e cobalto vi è un solo paese che domina il mercato: l’Indonesia nel primo caso e la RDC nel secondo.

L’Africa, le cui riserve minerarie saranno fondamentali nei prossimi decenni, costituirà un primo terreno di confronto per le sfere di influenza BRICS+ e del G7. Ma BRICS+ potrebbe anche aumentare gli investimenti in luoghi che i paesi del G7 evitano: come lo stesso Iran, che dispone di importanti risorse di zinco e rame attualmente non sfruttate anche a causa delle sanzioni economiche, o l’Afghanistan, il cui deposito Aynak contiene circa 450 milioni di tonnellate di minerale di rame con un tenore del 2,3% che da decenni è in attesa di essere sviluppato.

Midstream, evidente il controllo dei BRICS+ su questa fase produttiva e la palese debolezza dei paesi del G7

La supply chain. La fase di midstream delle catene di approvvigionamento presenta una geografia in molti casi diversa, come evidenzia la figura, proprio a partire dai processi di raffinazione.

Raffinazione di alcuni dei metalli analizzati ripartita tra BRICS+, G7 ed i restanti paesi (%)
Fonte: analisi dell’autore su dati USGS, World Mining Data 2022, S&P Global Commodity Insights, Benchmark Mineral Intelligence, Goldman Sachs Global Investment Research.

Anche in questo caso naturalmente vanno tenuti in debita considerazione le partecipazioni di società estere rispetto al paese esaminato: si consideri il ruolo di Tsingshan in Indonesia sul fronte del nichel. O aspetti più di nicchia come il fatto che il manganese ad alta purezza necessario alla produzione di batterie agli ioni di litio viene prodotto quasi esclusivamente dalla Cina. In questa chiave è evidente il controllo dei BRICS+ su questa fase produttiva e la palese debolezza dei paesi del G7.

Attualmente esistono forti eterogeneità all’interno dei BRICS+: la Cina è l’unica potenza manifatturiera e le relazioni commerciali di Pechino con il resto dei BRICS+ sono dominate dalle materie prime e non dal timore che gli altri paesi possano essere dei competitor industriali. Sarà interessante vedere la reazione del Dragone se tra futuri candidati all’ammissione vi saranno potenzialmente concorrenti nella produzione dei medesimi prodotti finali.

Inoltre, la Cina finora si è rivolta al resto dei BRICS per ottenere materie prime senza diventarne troppo dipendente, mantenendo un insieme diversificato di fornitori rispetto agli altri partner: un aspetto che presenterà delle problematiche di leva asimmetrica all’interno dei BRICS+. Anche perché, dietro ai flussi commerciali, si nascondono importanti finanziamenti cinesi allo sviluppo di progetti minerari, in particolare in Brasile e in Russia.

Riserve non sempre significano corrispondenti quote di produzione

Le riserve. L’analisi delle riserve ci evidenzia come BRICS+ avrebbe oltre 70% delle terre rare ed oltre il 90% delle riserve dei metalli del gruppo del platino. Il blocco allargato deterrebbe anche il 70% del manganese mondiale, quasi la metà delle riserve di grafite e quote significative delle riserve globali di rame, nichel e litio.

Naturalmente le enormi riserve non sempre significano corrispondenti quote di produzione di materie prime: sono molteplici le problematiche che possono vanificare questa equazione. Nel caso del Sudafrica non è la mancanza di competenze nel settore minerario a frenare la fiducia degli investitori quanto l'(in)affidabilità delle infrastrutture energetiche e di trasporto, i costi delle operazioni minerarie ultra-profonde ed i conseguenti problemi di sicurezza.

Diversa la situazione russa dove la quota di riserve supera quella di produzione ed è quindi facilmente intuibile come il paese potrebbe diventare il più importante player dell’industria mineraria globale. Ma la sfida da vincere è l’aggiornamento di strutture produttive obsolete e l’aumento della produttività, che attualmente è in ritardo del 72% rispetto alla media dei paesi OCSE.

Riserve di materie prime ripartita tra BRICS+, G7 ed i restanti paesi (%)
Fonte: analisi dell’autore su dati USGS, World Mining Data 2022, S&P Global Commodity Insights, Benchmark Mineral Intelligence, Goldman Sachs Global Investment Research.

Proprio alla luce anche di queste considerazioni si manifestano le criticità sulla transizione energetica dell’Occidente qualora, da parte dei BRICS+, venisse assunta un’iniziativa analoga alla statunitense Minerals Security Partnership (MSP). Fino ad oggi le restrizioni alle esportazioni sono state iniziative dei singoli paesi, ma qualora si sviluppassero degli accordi in grado di far convergere tutti i paesi aderenti si presenterebbe concretamente il rischio di una paralisi della sicurezza energetica per il resto del mondo.

Quale grado di coesione del nuovo blocco?

Diventerebbero poca cosa i recenti gli interventi del Ministero del Commercio e di quello della Scienza e della Tecnologia cinese per inasprire i controlli sull’esportazione del know-how sui magneti permanenti e su altre tecnologie delle terre rare o il controllo posto sulle esportazioni di gallio e germanio. Nell’ultimo decennio c’è stata una rapida accelerazione delle restrizioni all’esportazione di risorse naturali anche dalla Russia, dall’India, dal Sudafrica e dal Brasile.

Di contro va ricordato che queste ipotesi si basano sul presupposto che BRICS+ sia un gruppo di paesi coeso e organizzato, tesi che, allo stato attuale, è tutta da verificare: al di là delle dichiarazioni di facciata emergono con evidenza anche potenziali conflittualità all’interno del gruppo, che potrebbero superare le convenienze strategiche di integrazione.


Giovanni Brussato è ingegnere minerario e autore del volume Energia verde? Prepariamoci a scavare, ed. Montaonda



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