Divenendo sempre più irrealistico lo scenario Net Zero, il nuovo WEO poggia le sue speranze su quello a politiche correnti: lo STEPS. Scenario non scevro da importanti rivoluzioni, che poggiano sulla felice combinazione di 3 ipotesi tutt’altro che certe: frenata dell’economia cinese, decarbonizzazione veloce delle economie emergenti, rallentamento della domanda di energia.
L’impressione che emerge dalla lettura dell’ultimo World Energy Outlook è che la IEA faccia uno sforzo considerevole, una specie di esercizio di equilibrismo, per tenere aperta la porta del raggiungimento del target Net Zero nel 2050 evitando di uccidere la speranza.
Non sappiamo se nell’elaborazione dell’Agenzia di Parigi prevalga – come ha scritto efficacemente Alberto Clò in questo blog – il messaggio politico o l’analisi tecnico-economica. Se il primo discenda dalla seconda o se le parti siano invertite, o se la seconda sia semplicemente il lucente rivestimento del primo. Comunque sia, frequentando i numeri del report – perché poi, alla fine, si torna sempre là, ai dati – non si può non trarre la conclusione che la strada è decisamente in salita.
Il decennio in corso è quello della resa conti, in cui si comprenderà che l’azzeramento delle emissioni entro la metà del secolo è obiettivo velleitario. Già rispetto al 2020, anno di vera e propria sbornia green, si è capito che la rottamazione dell’aereo fossile è tutt’altro che imminente e che la transizione non è facile né gratuita.
I grafici dicono quello che la IEA (esplicitamente) non dice
L’Agenzia di Parigi, per ovvie ragioni comunicative, evita questo pronunciamento estremo, ma i grafici che essa mostra sono più espliciti di qualsiasi parola.
Affinché vi sia net zero, nel 2030 dovremmo avere, rispetto al 2022:
a) una capacità installata da rinnovabili tripla, figlia della triplicazione degli investimenti green nelle economie emergenti ed in via di sviluppo (EMDE);
b) il raddoppio del tasso di decrescita dell’intensità energetica;
c) la diminuzione del 25% della domanda di energia fossile;
d) il crollo del 75% delle emissioni di metano.
Lo scenario STEPS, vero e proprio architrave del WEO 2023
È chiaro che si tratta di uno scenario normativo (ciò che dovrebbe essere) che confligge a mille con il dato bruto insito in quello positivo (ciò che è). Ma un conto è che la partita tra l’uno e l’altro si chiuda con una goleada, un altro che il risultato sia meno severo, perché in tal caso c’è ancora spazio per la speranza, per un recupero in extremis, in ultimo per un sogno.
Di qui lo scenario STEPS, vero e proprio architrave del WEO 2023. Pur essendo assai distante dal Net Zero – come sintetizzato dagli investimenti green nel 2030 che sarebbero circa la metà di quanto richiesto – lo scenario STEPS si caratterizza per un elemento di novità rappresentato dal declino contemporaneo di tutti i fossili, prima del 2030.
Il ritmo del declino delle fossili secondo IEA: ogni anno più di quanto non sia avvenuto negli ultimi 30
Questa specie di epifania verde agisce come un potente lubrificante in grado di sbloccare il bullone del mix energetico mondiale, da circa tre decenni fermo sull’80% fossile. Grazie ad esso, il dado metallico comincia a girare e magicamente il contenuto fossile della domanda energetica mondiale scende al 73%.
Si guadagna un punto percentuale all’anno: in parole più grezze ma forse più icastiche, si fa in un anno quanto non si è fatto in trenta. È una specie di salto astronomico, certo distante da quello quantico di net zero, ma comunque una rivoluzione.
E che sia così lo dimostra la partita aperta con l’OPEC che nella sua sfera di cristallo vede un futuro ancora fossile per molto, con la domanda di petrolio che non tocca alcun picco prima del 2045. Due visioni diametralmente opposte del mondo che verrà (per approfondire si veda: Il crepuscolo delle fossili (OPEC vs IEA)).
Di fronte a cotanto sconvolgimento del mix, l’istinto del lettore è quello di immergersi nel volume per capire quali siano le condizioni fondamentali che piegano la curva dei fossili verso il basso, come mostrato nella figura sottostante.
L’impressione che il lettore ricava è che i principali nodi critici dello scenario IEA siano i seguenti:
- la domanda di petrolio scende a causa del cambio radicale nella mobilità, con la quota di auto elettriche vendute che sale dal 4% del 2020 al 18% atteso del 2023, al 38% del 2030.
- Quella di gas diminuisce per la frenata contestuale nel settore residenziale ed elettrico, che oggi rappresentano rispettivamente il 19 e il 31% della domanda totale. Cause del calo di domanda sarebbero l’espansione della vendita di pompe di calore e la dismissione di centrali elettriche a gas obsolete, con le prime che passerebbero dall’attuale 11% di quota di mercato al 20% nel 2030 e le seconde progressivamente spiazzate dalla penetrazione delle rinnovabili.
- Il carbone declina come effetto della progressiva riduzione nella generazione elettrica e nel siderurgico, settori che oggi alimentano rispettivamente il 65 e il 16% della domanda totale. La IEA ritiene che la riduzione della quota del carbone nella capacità addizionale – passata dal 45% del 2006 all’11% del 2022 – e il calo di dieci punti percentuali del fattore di carico dell’ultima decade, rispetto alla precedente, siano fenomeni irreversibili e crescenti, che eroderanno sempre più la domanda di carbone negli anni. Chiaramente, il declino è compensato dalla penetrazione delle rinnovabili.
Le tre azioni mostrate sopra rappresentano effetti di sostituzione grazie ai quali la nuova tecnologia, es. auto elettriche e pompe di calore, spiazzano la vecchia, favorendo in ultimo la sostituzione della fonte fossile con quella green.
Un ragionamento appeso a un filo (della crescita cinese)
Ma tali effetti non sarebbero sufficienti a far declinare la domanda delle fossili se non vi fosse, a coadiuvarle, l’effetto reddito. Tutto il ragionamento dell’Agenzia di Parigi sul picco delle fossili si indebolisce se viene a mancare un’ipotesi cruciale: il rallentamento dell’economia cinese.
In particolare, il PIL cinese è previsto in crescita di poco meno del 4% fino al 2030, contro il 4,5% del WEO 2022, e del 2,3% dal 2030 al 2050 contro il 2,5% della scorsa previsione. Questa cura dimagrante del tasso di crescita, si traduce in un’economia cinese complessivamente più piccola del 5% nel 2030.
Ovviamente nessuno sa quale sarà l’andamento dell’economia cinese da qui a trent’anni, o anche a soli a sette anni. Vi sono certamente ragioni a sostegno dell’ipotesi di una saturazione della crescita, a cominciare dalla crisi dell’immobiliare, un settore ad elevato moltiplicatore. Tuttavia, non si può escludere una maggiore resilienza da parte dell’economia cinese e, di conseguenza, una crescita più ampia di quella prevista dalla IEA.
Ed è per questa ragione che l’Agenzia di Parigi propone un’analisi di sensibilità, ipotizzando uno scenario caratterizzato da una crescita più elevata: come conseguenza le emissioni cinesi nel 2030 sono più alte di quasi un miliardo di tonnellate rispetto allo scenario STEPS.
Ipotesi #2: la decarbonizzazione veloce delle economie emergenti
Dunque, il rallentamento della domanda fossile, e il conseguente picco, è figlio anche dell’ipotesi di frenata dell’economia cinese. Ma tale rallentamento da solo non basta: affinché il consumo di fonti fossili si pieghi verso il basso prima del 2030 occorre che una serie di ipotesi si realizzino, soprattutto nei paesi emergenti a forte incremento demografico ed economico, decarbonizzando velocemente le economie.
A titolo di esempio,
- in India, il 60% dei veicoli a due o tre ruote venduti nel 2030 è elettrico,
- in Indonesia, la quota di rinnovabili nel mix elettrico raddoppia raggiungendo un valore superiore al 35%,
- in Brasile, il consumo di biofuel cresce di 15 punti percentuali in 7 anni,
- in tutta l’Africa sub-sahariana, l’80% delle nuove centrali elettriche sono basate su rinnovabili.
Ipotesi #3: rallentamento della crescita dei consumi di energia
Puntualmente, la rotazione della manopola green all’interno dello scenario STEPS agisce come un turbo della sostenibilità che magicamente depotenzia i tassi di crescita delle emissioni, come si evince facendo semplici calcoli sul database che la IEA generosamente mette a disposizione del lettore.
Ad esempio, la crescita annua delle emissioni di CO2 tra il 2022 e il 2030 rispetto al 2010-2022 passa
- in Brasile, dallo 0,9 al -0,1%
- in Africa, dall’1,6 allo 0,7%,
- in Medio Oriente, dal 2,4 all’1,2%
- in India, dal 4,1 al 2,7%,
- nel Sud-Est Asiatico, dal 3,7 al 2,1%.
Ciò accade sia per la portentosa decarbonizzazione assunta sia per il parallelo rallentamento della crescita dei consumi totali di energia:
- l’Africa, ad esempio, passa dal 2,2% all’1,5%,
- l’Eurasia dall’1,5% al -0,4%
tanto che, a livello globale, la crescita dell’offerta di energia si dimezza, scendendo dall’1,4% allo 0,7%.
In sintesi, si assume una potente penetrazione tecnologica green contestualmente a incrementi cospicui di efficienza energetica e allo smagrimento del corpo del Pianeta nella sua regione più fossile, ovvero la Cina. Il risultato è STEPS.
Certo, c’è da augurarsi che tutto ciò accada ma l’impressione che matura nella mente del lettore è che troppe condizioni felici debbano realizzarsi tutte insieme. Al punto che, in ultimo, la realizzazione dello scenario STEPS richiama alla mente l’immagine di uno sciatore provetto che realizza uno slalom strepitoso, a velocità mai vista prima, senza uscire di pista o inforcare alcun paletto.
Troppo bello per essere vero.
Enzo Di Giulio è economista ambientale e membro del Comitato Scientifico di ENERGIA
Potrebbero interessarti anche:
L’ennesima occasione mancata del WEO, di Alberto Clò, 25 Ottobre 2023
Il crepuscolo delle fossili (OPEC vs IEA), di Enzo Di Giulio, 3 Ottobre 2023
La fetta fossile della torta elettrica, di Enzo Di Giulio, 5 Maggio 2023
Foto: Unsplash
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login