Alberto Clô presenta i contenuti del nuovo trimestrale ENERGIA.
La storia si ripropone ma non si ripete
Il primo numero di «Energia» uscì nel settembre 1980 sulla scia della Seconda Crisi Petrolifera che portò i prezzi del petrolio, già quadruplicati con la Prima Crisi del 1973-1974 in concomitanza con la guerra del Kippur, sino a 40 dollari al barile di allora, pari a circa 270 dollari attuali. La storia sembra essere tornata a cinquant’anni fa, come ho modo di approfondire nell’editoriale, con la nuova guerra esplosa a seguito il massacro perpetrato il 7 ottobre dalle milizie di Hamas sul territorio israeliano. Sotto il profilo dell’offerta energetica, le cose dagli anni Settanta sono cambiate profondamente, in gran parte in meglio, ma una resta sostanzialmente valida: l’essenzialità del petrolio e del gas sugli equilibri economici e politici dell’intero mondo. Dimenticarlo, sostenendo che non ve ne sia più necessità, è pericoloso ancor prima che errato, come afferma Sofia Guidi Di Sante di Rystad Energy secondo cui, se l’intrinseca incertezza sulla curva della domanda di petrolio dovesse far perdurare la depressione degli investimenti upstream, potremmo dover affrontare una scarsità d’offerta con conseguenti rialzi dei prezzi. Al contrario, una sottostima della rapidità e intensità della transizione inonderebbe il mercato di barili facendone crollare i prezzi, anche se temporaneamente. Assisteremmo così ad ulteriori disinvestimenti, cali della produzione e nuovi rialzi e volatilità dei prezzi, fino al ripetersi del ciclo. «Il rischio e la grande sfida negli anni a venire – conclude l’Autrice – sarà proprio quello di trovare un nuovo equilibrio di mercato, in cui l’industria upstream sappia rispondere alle esigenze di una domanda in contrazione, mantenendo una certa stabilità dei prezzi per evitare nuovi cicli boom-bust, che la storia ci ha insegnato, e recentemente ricordato, non farebbero che mettere alla prova il sistema economico nella sua interezza».
I mercati funzionano?
In un puntuale saggio, Giovanni Goldoni riprende il filo delle analisi sulla riforma del mercato elettrico europeo trattate nel precedente numero di «Energia» (1) alla luce della necessità di procedere sulla via della decarbonizzazione dei sistemi elettrici (2). Duplice la finalità: accelerare gli investimenti, specie in nuova potenza rinnovabile, e contenere le bollette di famiglie e imprese e, aggiungiamo noi, gli enormi profitti che stanno realizzando gli operatori delle rinnovabili (3). Un mercato che premia pochi a danno dei più. L’articolo si concentra su aspetti della regolazione di mercati elettrici analizzando due tipologie di contratti a lungo termine: i Power Purchase Agreement (PPA) e i Contract for Difference (CfD), stante la necessità di apportarvi modifiche. L’articolo perviene a un’importante conclusione: abbiamo assistito al «progressivo avanzamento della regolazione nel terreno che la liberalizzazione aveva consegnato ai mercati», con un simmetrico allargamento dello spazio occupato dal decisore centrale a detrimento del mercato. Allargamento riscontrabile nella generalità dei settori energetici (4). Un’ulteriore conferma dell’ipotesi avanzata su questa Rivista da Bordoff e O’Sullivan secondo cui l’intreccio di tensioni geopolitiche dell’ultimo biennio ha portato all’affermarsi di un Nuovo Ordine Energetico cha ha tra i suoi pilastri il massiccio ritorno degli Stati nel governo dell’energia (5). Sempre in tema di mercato è interessante l’interrogativo che Gian Paolo Repetto pone al termine dell’analisi dell’anomalo andamento del mercato del gas dopo l’esplodere della crisi mediorientale, con un’impennata dei prezzi inspiegabile alla luce dell’equilibrio dei fondamentali di mercato, che avevano determinato un crollo dei prezzi rispetto alle punte dello scorso anno: quanto osservato è espressione di un malfunzionamento del mercato a danno dei consumatori e a dispetto di quel che le liberalizzazioni avrebbero dovuto sortire? Interrogativo a cui l’Autore dà risposta negativa, con la conferma che l’esito delle liberalizzazioni deriva soprattutto – per mercati che dipendono massicciamente dalle importazioni – da quel che accade nel contesto internazionale, più che dal disegno interno dei mercati. Confermando in altro modo quanto ebbe a scrivere su queste pagine, in tempi non sospetti, Roberto Cardinale sui limiti delle liberalizzazioni e la possibilità che i prezzi del gas in Europa tornassero a salire (6).
Politiche pubbliche e credibilità nazionale
La telenovela della fine del regime di tutela dei prezzi di elettricità e gas non finisce di stupire. A sette anni dacché fu decretata e quattro da quando avrebbe dovuto scattare, la politica sembrava voler deciderne un’ulteriore proroga, al fine di «tutelare i consumatori», nel timore che, tolto il coperchio dalla pentola, i prezzi sul mercato libero possano aumentare. Salvo, in «zona Cesarini», confermarne l’abrogazione, con un durissimo strumentale scontro della politica spesso immemore di quel che aveva deciso quand’era al potere. (…) Carlo Stagnaro ripercorre la telenovela del regime tutelato, evidenziando i vantaggi non solo di prezzo che a suo dire l’eliminazione porterebbe ai milioni di consumatori che non ne sono ancora usciti, per convinzione o inerzia poco importa. Resta però il fatto che uno Stato che per diverse volte si rimangia la parola, a prescindere o meno dalla condivisione della tutela dei prezzi, perde di credibilità, quel che si riverbera sulla sua attrattività come paese in cui investire. Una conseguenza che potrebbe derivare anche dall’allargamento ai temi dell’energia dell’intervento pubblico attraverso lo strumento del golden power a difesa di interessi ritenuti «strategici», termine in casa nostra sempre ambiguo e incerto nel suo significato (7). Questione sinora poco considerata ma di grande rilevanza analizzata su questo numero da Fabio Polettini. L’introduzione del golden power segna, dopo la traumatica esperienza della guerra in Ucraina, un’evoluzione del concetto di sicurezza nazionale per abbracciare un ambito molto maggiore che include tutte le attività connesse all’energia. (…) In linea con quanto normato in altri paesi europei ed extra-europei, ad iniziare dagli Stati Uniti, al capo del Governo spetta il potere di porre il veto nei casi in cui ritenga che debba prevalere l’interesse alla sicurezza nazionale su quello della libertà di mercato. Se con la vecchia golden share tale interesse era basato sul titolo proprietario, oggi, con il golden power, assume una valenza assai più lata in senso protezionistico, raccordandosi con la disciplina europea sul controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione Europea. (…)
Le porte girevoli del nucleare italiano
(…) L’auspicio di un forte sviluppo del nucleare è giunto peraltro anche dalla COP28 tenutasi a Dubai negli Emirati Arabi da parte di una ventina di paesi (tra cui Stati Uniti e Francia) con la richiesta di triplicare la potenza nucleare civile entro metà secolo rispetto al 2020. Il rientro nel nucleare dell’Italia venne annunciato già una ventina di anni fa (…). Le cose oggi sono però, si sostiene, molto cambiate (…). Vi sono però domande da cui partire e alle quali fornire adeguate risposte. Non affrontarle equivale, non è un paradosso, ad essere nei fatti antinuclearisti. La Rivista, più che schierarsi, mira a chiarire queste condizioni esogene. A partire da quelle giuridiche, con un articolo di Raffaele Bifulco secondo cui nulla osta alla ripresa del nucleare sulla base della normativa europea (Tassonomia dell’UE) e nazionale (riforma costituzionale). L’attuale cornice normativa può considerarsi in sostanza neutrale rispetto a una ripresa, anche se non immediata, della produzione nucleare in Italia (…). Non meno importanti sono le condizioni economiche del previsto rientro nel nucleare nel nostro Paese, che affronteremo nel prossimo anno sulla Rivista con un analitico saggio di Luigi De Paoli.
Materiali critici e dominio della Cina
Vi è un gran parlare di questi tempi di materie prime critiche necessarie a supportare la fabbricazione e penetrazione delle nuove risorse rinnovabili così come della mobilità elettrica. Risorse essenziali – di cui «Energia» ha già trattato (13) – che richiedono enormi investimenti nella loro complessiva supply chain. Alicia Mignone ne tratta indicandone le specifiche definizioni e esprimendo valutazioni sulle criticità che ne potrebbero derivare in termini di nuove dipendenze e sicurezza degli approvvigionamenti. L’effettiva disponibilità di questi minerali critici, associata a un crescente nazionalismo dei paesi che li controllano, costituisce infatti uno dei principali ostacoli al procedere della transizione energetica, specie riguardo la crescita di solare ed eolico, col rischio che possa generarsi, da un lato, una scarsità energetica per il deficit delle risorse tradizionali (14) e, dall’altro, una sudditanza dalla Cina, quasi-monopolista delle tecnologie e dei minerali critici interessati. (…) Partendo dalla constatazione che la Cina, dopo essere divenuta primo produttore al mondo di auto scalzando gli Stati Uniti, è divenuta nel 2022 secondo paese esportatore scalzando la Germania, Ilaria Mazzocco e Gregor Sebastian analizzano il suo crescente ruolo nel mondo delle auto elettriche in termini di produzione locale, di hub manifatturiero per case estere (specie Tesla e Wolkswagen), di esportazione specie verso l’Europa. Un’Europa del tutto incurante delle implicazioni geopolitiche che ne derivano, diversamente dagli Stati Uniti, che applicano dazi sulle importazioni automobilistiche cinesi (al 27,5%). Numerosi casi dimostrano come le aziende cinesi, sempre più competitive a livello mondiale grazie agli enormi sostegni governativi, stanno avendo accesso a nuovi mercati attraverso un complesso intreccio di joint ventures con imprese estere (Renault e Mercedes su tutte) e l’acquisizione di marchi occidentali (MG e Volvo) con una reputazione consolidata. (…)
Ricordando Riccardo
Questa Rivista deve molto a Riccardo Galli che ci ha lasciati poco tempo fa. Riccardo contribuì massimamente a delineare le linee editoriali della Rivista nei suoi primi anni di vita facendo parte dello storico iniziale Comitato Scientifico insieme a chi scrive, Oliviero Bernardini, Leonardo Biondi, con l’importante assistenza di Patrizia Bassani. Un’equipe di studiosi di varia estrazione scientifica che si era riunita in Montedison sotto la guida di Umberto Colombo che istituì uno dei primi centri di previsione delle tecnologie energetiche e che sviluppò nella seconda metà degli anni 1970 il progetto WAES sulle strategie di sviluppo delle energie alternative. In lunghissimi e accesi incontri il Comitato Scientifico si dette un duplice obiettivo: dar conto di quel che avveniva sui mercati energetici e individuare i temi che sarebbero stati al centro della scena e politica energetica negli anni a venire. Fu così che la Rivista anticipò cambiamenti epocali: si trattasse dei processi europei della liberalizzazione del mercato energetici, dell’importanza che avrebbero assunto le problematiche ambientali, dell’avvio dei processi di privatizzazione. La capacità della Rivista di anticipare questi cambiamenti le avrebbe consentito di avere un ruolo nel momento in cui si sarebbero assunte le decisioni normative. Riuscirvi fu un grande merito anche di Riccardo.
a.c.
Bologna, 7 dicembre 2023
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