5 Febbraio 2024

Il Golden Power nell’energia: tra sicurezza e protezionismo

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Il golden power estende il concetto di sicurezza nazionale a tutte le attività connesse all’energia, rafforzando il ritorno al protezionismo. Un’esigenza nata dal deterioramento del quadro geopolitico ma che dovrà coniugarsi con l’esigenza del nostro Paese di rimanere attrattivo per gli investimenti di operatori e capitali esteri. L’articolo dell’avvocato Fabio Polettini su ENERGIA 4.23.

L’allargamento dell’intervento pubblico in diversi ambiti rappresenta un’inversione di tendenza rispetto a quanto osservato negli ultimi decenni che li vedeva sempre più delegati al mercato. Tra questi, spicca l’energia.

In un saggio comparso su Foreign Affairs e che abbiamo riproposto in lingua italiana sul numero ENERGIA 3.22, Jason Bordoff (Columbia University) e Meghan L. O’Sullivan (Harvard Kennedy School) considerano l’intervento dello Stato un cardine del Nuovo Ordine Energetico, necessario se non inevitabile per fronteggiare il duplice imperativo della sicurezza energetica e dell’azione per il clima.

Si possono citare numerosi esempi di intervento dello Stato oltre la pura regolazione del mercato. Si pensi agli interventi emergenziali, ma sempre più frequenti, di contrasto alla crisi energetica (dal price cap alla sospensione delle accise), di ripartenza post-Covid (il superbonus), o nell’ex-Ilva.

O ancora ai piani industriali come l’Inflation Reduction Act dell’Amministrazione Biden o il Green Deal Industrial Plan dell’Unione Europea, che si basano in gran parte sull’erogazione di sussidi e incentivi

Nell’ultimo trimestrale della rivista ENERGIA, questo tema è toccato da due nuovi articoli, uno di striscio e uno di petto. Il primo nell’ambito della regolazione dei mercati elettrici nell’articolo di Giovanni Goldoni  che riscontra un “progressivo avanzamento della regolazione nel terreno che la liberalizzazione aveva consegnato ai mercati”, con un simmetrico allargamento dello spazio occupato dal decisore centrale a detrimento del mercato. 

Dalla golden share al golden power, una valenza assai più lata in senso protezionistico

Il secondo riguarda lo strumento del golden power a difesa di interessi ritenuti «strategici», questione sinora poco considerata ma di grande rilevanza che è oggetto dell’articolo di taglio giuridico proposto dall’avvocato Fabio Polettini.

L’introduzione del golden power segna, dopo la traumatica esperienza della guerra in Ucraina, un’evoluzione del concetto di sicurezza nazionale per abbracciare un ambito molto maggiore che include tutte le attività connesse all’energia e rischia di alimentare il protezionismo. 

“La locuzione golden power”, scrive Polettini nell’introduzione al suo articolo “trova la sua origine nella preesistente golden share (…). Con quel precedente sistema si articolava un intervento dello Stato che si sostanziava in poteri speciali di gradimento all’acquisto di partecipazioni azionarie rilevanti, nel diritto di porre il veto sulle delibere societarie di maggior impatto ed, infine, nella facoltà di nominare amministratori (2).

(La) finalità consisteva nella necessità di salvaguardare attività particolarmente importanti e sensibili dell’economia italiana dalla possibilità che cadessero nella proprietà di fondi sovrani stranieri, ovvero di Stati autoritari od organizzazioni terroristiche o criminali. Tutte situazioni che, a ben guardare, nella odierna temperie, vengono ritenute ancora più pericolose in un’ottica di valutazione del più generale quadro geopolitico e di politica estera (4)”.

Col nuovo approccio normativo “per un versante, si è prescisso dal fatto che lo Stato possieda o meno attività o partecipazioni nelle società da sottoporre a tutela, ampliando così il ventaglio dell’azione pubblica a tutti i soggetti, pubblici e privati; per l’altro, si è rimodulato il tool box delle facoltà ad essa assegnate, includendovi quelle oppositive o prescrittive. È mutato, quindi, il presupposto giustificativo. Se con la vecchia golden share esso era basato sul titolo proprietario, oggi, con il golden power, questo assume una valenza assai più lata in senso protezionistico (…)”.

L’esercizio dei poteri speciali può essere espletato anche d’ufficio (senza necessità di notifica preliminare), ovvero nel caso di violazione degli obblighi di procedere ad essa

L’articolo muove dalla presentazione della genesi e finalità dell’istituto (par. 1) per poi analizzare nel dettaglio le implicazioni nel segmento energetico (par. 2). La terza parte si sofferma sugli aspetti problematici proponendo uno sguardo comparatistico (par. 3) ad altri paesi come Stati Uniti e Francia.

Le attività energetiche saranno sottoposte a un vaglio e a una molto più attenta sorveglianza da parte delle autorità pubbliche per verificare gli effetti sulla sicurezza nazionale di mutamenti nell’assetto proprietario di aziende del nostro Paese da parte di soggetti esteri o all’acquisizione di imprese estere locate o meno nel nostro territorio.

In linea con quanto normato in altri paesi europei ed extra-europei, ad iniziare dagli Stati Uniti, al capo del governo spetta il potere di porre il veto nei casi in cui ritenga che debba prevalere l’interesse alla sicurezza nazionale su quello della libertà di mercato.

Le riflessioni conclusive sono affidate al quarto paragrafo. “In conclusione, sembra di poter constatare che gli eventi bellici che si sono affacciati sulla scena mondiale da oltre un anno e mezzo abbiano accentuato ed imposto una significativa torsione restrittiva ai principi del commercio globale ed europeo in particolare, spingendo lo stesso legislatore italiano, nel solco di quello dell’Unione, ad occuparsene, similarmente a quanto avveniva, da molto tempo, anche negli stessi Stati Uniti.

È auspicabile che il complesso vaglio della Presidenza del Consiglio sulla strategicità e sensibilità dell’operazione notificata sia effettuato, certamente, nell’ispirarsi ai superiori interessi di sicurezza nazionale ed europea (che richiamano, necessariamente, la difesa dell’indipendenza politica), ma anche mantenendo il criterio di proporzionalità nell’esercizio di questi poteri eccezionali, come esplicitato sia nell’art. 5 del Trattato sull’Unione Europea, che negli stessi atti normativi di individuazione dei cespiti di rilevanza strategica (45). In quest’ottica, a nostro avviso, l’emanazione di Linee Guida per definire una tassonomia sui presupposti degli obblighi di notifica all’autorità esecutiva sarebbe di grande utilità per tutti gli operatori economici interessati”.

L’importanza di preservare l’attrattività del nostro Paese per operatori e capitali esteri

Come ha scritto il nostro direttore Alberto Clò nella presentazione del numero, il golden power costituisce “un ritorno in un certo qual modo alle posizioni dei sei Stati fondatori della Comunità Economica Europea nel 1957, secondo cui l’energia era un fattore talmente cruciale per la loro sovranità da non potersi delegare a soggetti privati né tantomeno esteri così come nella fase liberista di inizio Novecento (8).

(…)  Il fatto rilevante degli effetti della nuova normativa è che in sede di sua applicazione il complesso vaglio da parte della Presidenza del Consiglio sia effettuato ispirandosi ai superiori interessi di sicurezza nazionale ed europea, ma preservando il criterio di proporzionalità in modo tale che non si generino, anche in questo caso, effetti negativi sull’attrattività del nostro Paese da parte di operatori e capitali esteri. Che, vale rammentare, ebbero un’importanza cruciale nel nostro sviluppo energetico”.


Il post presenta di Fabio Polettini l’articolo Il golden power nel settore dell’energia pubblicato su ENERGIA 4.23 (pp. 52-59)
Fabio Polettini è avvocato in Milano


Foto: Unsplash

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