L’urgenza di promuovere la transizione energetica sta spingendo scienza, magistratura e finanza a sottrarre alla democrazia spazi della Politica. Per quanto la democrazia possa risultare claudicante, questo “spostare il decidere di politica fuori dalle sedi istituzionali della politica” non è detto sia auspicabile. Anzi. “Quanto caldo sia sostenibile”, ad esempio, “non può essere prescrizione scientifica; ma solo decisione politica”. Massimo Nicolazzi firma l’editoriale dell’ultimo numero della rivista ENERGIA.
Sono una cinquantina le elezioni previste nel corso dell’anno, tra cui otto nelle maggiori economie che contano per la metà del reddito mondiale. Una combinazione di appuntamenti che potrebbe accelerare le tendenze verso la deglobalizzazione e il protezionismo. Non a caso Icis le identifica come rischio geopolitico per il settore energetico e, aggiungiamo noi, per la transizione energetica in un’ottica di più lungo respiro.
“Più ci si avvicina alla fine del decennio – a cui è stata ancorata la più parte degli obiettivi delle politiche climatiche europee – più i nodi vengono al pettine presentando il loro costo economico e sociale” scrive nella presentazione del nuovo numero di ENERGIA il direttore Alberto Clò. Bassa crescita economica e alti prezzi energetici e alimentari rischiano infatti di favorire governi più radicali e, nel caso dell’Europa, di creare “una forte discontinuità nelle politiche climatiche” adottate dall’attuale Commissione, come argomentato dallo stesso Clò nel suo editoriale sul numero 3.23.
È il cittadino che apporta il capitale di rischio necessario alla transizione
Un’occasione per riflettere sugli impatti che le tendenze in atto possono avere sulla transizione energetica e sulla lotta al cambiamento climatico nonché sul ruolo che può giocare la Politica. Se nel numero 3.23 abbiamo approfondito, con un lungo saggio di Enzo Di Giulio e Stefania Migliavacca, il ruolo e funzionamento delle politiche climatiche, in questo nuovo numero ci occupiamo della Politica con la “p” maiuscola. E lo facciamo con il contributo di Massimo Nicolazzi, docente di economia delle risorse energetiche presso l’Università di Torino, che di ENERGIA 1.24 ha curato l’editoriale.
“Non c’è stata nella storia dell’uomo transizione energetica che non abbia imposto un adeguarsi a un «nuovo» di cultura, istituzioni e rapporti sociali. Troppo presto per dire o cercare di prevedere gli esiti della decarbonizzazione. Però già la transizione, seppur ancor bambina, sembra far intravvedere possibili direzioni e necessità del cambiamento. Non ancora un’idea del «dopo», ma almeno qualche suggestione sulle strade che percorreremo e/o che dovremmo percorrere per arrivarci”.
Uno spostare il decidere di politica fuori dalle sedi istituzionali della politica
Ed è proprio una panoramica di alcune delle molteplici sfide poste dalla transizione, dei cambiamenti che sta comportando e di quelli che sarebbero necessari quella proposta da Nicolazzi. Un cambiamento in atto è senz’altro quello del rapporto tra Stato e mercato. “Non c’è transizione green senza sostegno statale. Col Green New Deal abbiamo messo in cantina Friedman e apparentemente rimesso sul comodino Keynes” (La transizione illiberista), ma anche nei rapporti tra Politica, scienza e giurisdizione, con un retrocedere del primo a favore degli altri due.
“Da un lato, la scienza. O meglio, una più che rilevante maggioranza della comunità scientifica che invece di fare cartografia (1) delle alternative, dei relativi tempi, e dei costi e benefici, lasciando alla Politica la scelta, si esprime ormai per prescrizioni. (…) Dall’altro, con lei, la magistratura, che sussumendo la sostenibilità climatica e ambientale nel diritto alla vita garantito dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani rende la «prescrizione» della scienza diritto assoluto riservandosene perciò la giurisdizione esclusiva”.
Non pare del tutto equa divisione dei compiti
Assieme a scienza e magistratura c’è poi la finanza a dettare “tempi e modi della transizione” con la politica, “via supporto statale”, a finanziare la finanza e trattenere “per sé giusto il dovere di provvedere agli ammortizzatori sociali che il costo della transizione impone” (La transizione finanziaria).
Eppure, la finanza ha dalla sua, a differenza dello Stato nazione, il vantaggio di essere globale. “Il frazionamento, che fu premessa di sviluppo e di conquista e dello stabilirsi dell’ordine pubblico europeo, oggi diventa condizione di declino e progressivamente di irrilevanza” (Lo Stato nazionale e il clima planetario). “La politica ambientale si fa perciò di necessità politica estera. E, nei fatti, la politica estera che rileva è quella delle grandi potenze”.
Il Green Deal ha sin qui generato e nutrito il revival del protezionismo; e dunque risposte sempre più nazionali al problema globale
Uno dei cambiamenti necessari ma che ancora non si intravede all’orizzonte riguarda un nuovo e più consapevole approccio alle migrazioni che verranno. “Se non si armano in tempo di un diverso modello di sviluppo, le economie petro-dipendenti non saranno in grado di provvedere alle popolazioni residenti. Di nuovo, la politica che si fa, o dovrebbe, politica estera. (…) Poi ci sarebbe anche l’altra migrazione, quella (per ragioni climatiche, ndr) che magari viene dopo ma può essere assolutamente epocale. (…) Anche senza cadere nel catastrofismo non possiamo non riconoscere che siamo potenzialmente al limite di un’emergenza planetaria che dovrebbe costringerci tutti insieme alla necessità di Politica. Però poco o nulla sembra muoversi”.
Ironica e amara è la riflessione conclusiva dedicata alle claudicanti prospettive della democrazia in quest’epoca di complessità (“il clima che cambia è complessità allo stato puro”): “già oggi non è nei luoghi della rappresentanza eletta che si decide. Finanza, scienza, magistratura. E magari qualche istituzione rigorosamente meta-elettiva (di cui Bruxelles è fulgido esempio). Possiamo tranquillamente tenerci la democrazia. È la Politica che sta migrando altrove”.
Il post presenta l’editoriale di Massimo Nicolazzi La Politica ai tempi del climate change pubblicato su ENERGIA 1.24 (pp. 8-11)
Massimo Nicolazzi è docente di economia delle risorse energetiche presso l’Università di Torino
Foto: Epitaffio di Pericle, Wikipedia
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