Decisioni assunte da Arera nel settore gas da inizio Millennio hanno capovolto le sue precedenti convinzioni o disatteso le indicazioni di legge aggravando gli oneri per famiglie e imprese. Su ENERGIA 1.24, Alberto Clò e Gian Paolo Repetto ricostruiscono l’evoluzione degli eventi e delle decisioni prese traendone importanti conclusioni per il futuro.
“Sottoporre le Autorità di regolazione a «revisione critica» è utile, necessario, doveroso” scrive Alberto Clò nel nuovo numero di ENERGIA. Soprattutto se queste assumono decisioni che capovolgono “posizioni precedentemente assunte, senza fornirne adeguata e competente motivazione” e finiscono per produrre “danni non lievi, comportando un sovraccosto per i consumatori che poteva evitarsi se si fossero seguite le indicazioni della legge”.
È il caso del gas naturale, come emerge dall’articolo dello stesso Clò assieme a Gian Paolo Repetto su ENERGIA 1.24 che analizza l’attività di Arera nel settore del gas nel recente passato e le implicazioni che queste hanno avuto per famiglie e imprese.
“Il mercato internazionale del gas naturale è stato attraversato nello scorso triennio da una duplice crisi (…). Il loro combinato disposto ha provocato una verticale ascesa dei prezzi, solo in parte rientrata, evidenziando limiti e anomalie nel disegno dei mercati e nelle politiche di regolazione. Da qui, l’interrogativo sul ruolo che queste ultime hanno avuto e sugli effetti che hanno prodotto”.
I conti senza l’oste: pensare che il futuro dei prezzi interni del gas dipendesse dal design del mercato o della sua regolazione e non dal mercato internazionale
Per rispondere, gli autori muovono dal confronto tra le aspettative all’origine del processo di liberalizzazione e quella che invece si è rivelata essere la realtà dei fatti (par. 1).
“Per comprendere le crisi di oggi occorre riavvolgere il nastro all’inizio del terzo Millennio. Per due principali ragioni. Da un lato, per il fatto che molte delle assunzioni e delle aspettative su cui si avviò la liberalizzazione del mercato del gas si sono dimostrate errate o illusorie. Dall’altro, perché un bilancio delle liberalizzazioni è lontano dall’essere stato stilato”.
“Il livello dei prezzi interni del gas dipendeva primariamente dalla fase ciclica dell’industria internazionale. Nel caso di sovra-capacità produttiva e di abbondanza d’offerta – mercato del compratore – ne sarebbero derivate pressioni al ribasso dei prezzi d’acquisto, tanto maggiori quanto maggiore l’entrata di nuove imprese, e per i limiti imposti al monopolista di fatto, Eni, la cui quota di mercato veniva fissata per legge (10), con l’obbligo di cedere a prezzi scontati quantitativi di gas sottoscritti nei contratti a lungo termine a favore di entranti estranei all’industria metanifera (11).
Più che colpire le rendite monopoliste dell’incombente, se ne sarebbero create di nuove a favore di rent-seekers che avrebbero seguito la strategia hit and run. Opposta la situazione nel caso di sotto-capacità produttiva e tensioni dal lato dell’offerta, con mercato del venditore. Il livello dei prezzi interni del gas, più che dalle liberalizzazioni, sarebbe dipeso in sostanza dalle condizioni esterne del mercato internazionale (12).
Nell’un caso e nell’altro determinante era la presenza di contratti di acquisto del gas a lungo termine, imperniati sulla clausola del take-or-pay, e finalizzati a un duplice obiettivo: da un lato, minimizzare i costi di transazione del mercato, altrimenti definibili come «costi d’uso del mercato», particolarmente consistenti nel caso del gas naturale ove l’identità delle parti ha importanti conseguenze sulla distribuzione dei costi; dall’altro lato, individuare un punto di equilibrio tra gli altrimenti contrastanti interessi dei venditori e degli acquirenti. Senza questi contratti non si sarebbe dunque sviluppato alcun mercato del gas naturale.”
Il collegamento al petrolio e le garanzie di sicurezza
Con questa premessa gli Autori prendono in esame la decisione del regolatore di passare dai prezzi oil-linked ai prezzi negli hub (par. 2).
I primi “in sostanza, hanno garantito in passato, quando il mercato era perlopiù corto, continuità dei rifornimenti, contenuta variabilità dei prezzi, e, non ultimo, un armonico sviluppo degli investimenti. È molto importante il fatto che ciò fosse condiviso dalla stessa Arera, che nel 2010 (15), sotto la presidenza di Alessandro Ortis, decise di mantenere nel calcolo della componente energia (allora denominata QE), il riferimento ai contratti di lungo periodo – che allora contribuivano per l’80% delle nostre disponibilità di gas (16) – apprezzandone la capacità di garantire nel tempo la sicurezza delle forniture e «per evitare [il] rischio di volatilità dei prezzi in caso di utilizzazione dei prezzi spot».
Che l’Autorità abbia poi successivamente capovolto queste convinzioni, senza che fossero intervenuti sostanziali cambiamenti nella struttura delle nostre disponibilità di gas naturale, costituisce una delle diverse anomalie della regolazione che andiamo analizzando.”
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Ed è proprio il ruolo della regolazione nel settore gas che costituisce l’oggetto di analisi del terzo paragrafo, e in particolare quello dell’italiana Arera. “Con il pieno favore dell’UE e dei regolatori, le transazioni spot sono diventate il riferimento dei mercati sia all’ingrosso che al consumo finale”.
“Una specifica legge (18) assegnava poi ad Arera il compito di definire per i clienti tutelati le condizioni di prezzo, i c.d. prezzi di riferimento, che avrebbero dovuto basarsi sui «costi effettivi» del gas. Che l’Autorità non vi abbia poi dato seguito – accrescendo di molto i prezzi ai consumatori oltre tali costi – resta un’ulteriore anomalia e un’inspiegabile omissione a danno dei consumatori”.
“Il regolatore ritenne in sostanza, sulla scia del pensiero unico che prendeva a diffondersi in Europa (26), che i differenziali positivi tra i prezzi dei contratti a lungo termine rispetto a quelli spot avessero natura strutturale e non contingente. Una posizione osteggiata da molti studiosi (27) che rimasero inascoltati, ma ai quali i fatti avrebbero dato ragione”.
Un risparmio divorato
L’articolo prosegue con l’analisi del periodo 2012-2020 e il successivo ribaltamento degli equilibri (par. 4). “In effetti, il sistema di prezzi orientato al breve termine non ha fatto emergere aspetti critici per diversi anni (ma) Nella seconda metà del 2021, i mercati europei e asiatici hanno incominciato a registrare un forte rialzo dei prezzi”. Tanto che dal confronto tra prezzi agli hub e valori oil-linked (par. 4.1.) emerge come “l’esplosione dei prezzi agli hub ha «divorato» con interessi tutto il vantaggio accumulato nel periodo precedente; con un saldo algebrico del periodo 2012-2023 «a favore» dei prezzi oil-linked per 36 mld euro”.
Il quinto paragrafo è dedicato ai contratti di importazione oggi e al confronto tra i prezzi agli hub vs costi effettivi di importazione in Italia (par. 5.1.) da cui “deriva l’importante conclusione che la decisione dell’Autorità di regolazione di fissare i prezzi finali del metano sulla base dei prezzi agli hub (prima TTF poi PSV), del tutto trascurando i costi effettivi, ha causato un rilevante costo addizionale per i consumatori, con il rischio che tale onere potesse essere ancor superiore se i prezzi spot fossero rimasti sui livelli del 2022, come nell’autunno di quell’anno si temeva (45)”.
Valutazioni che imporrebbero, tra le altre cose, “una seria riflessione sulle conseguenze delle indicizzazioni dei prezzi finali dell’energia a mercati molto sensibili a momentanei disequilibri domanda/offerta, movimenti speculativi, timori di origine geopolitica (…) sia per realizzare un’effettiva salvaguardia dei consumatori sia per impedire effetti di trascinamento di «oneri impropri» ai prezzi applicati all’intero mercato libero” (6. Riflessioni conclusive).
Controllare il controllore: dal gas all’elettrico
L’importanza di “una riflessione sulle modalità operative dell’Autorità di regolazione, su chi debba controllare il «controllore»,” non si limita peraltro al qui analizzato settore gas ma riguarda anche l’attiguo settore dell’energia elettrica, “ove la telenovela dei prezzi tutelati iniziata nel 2007 come strumento «transitorio» è volta finalmente al termine”, sebbene dell’attualmente acclamato trionfo del mercato v’è invero da dubitare.
Come emerge dall’analisi di Simona Benedettini proposta sempre su ENERGIA 1.24 “gli esiti delle procedure concorsuali suggeriscono che l’assetto di mercato e le condizioni di prezzo che le stesse hanno originato potrebbero essere tutt’altro che prodromiche all’efficace dispiegarsi della concorrenza nel mercato della vendita al dettaglio di energia elettrica. (…) Se nell’immediato, infatti, il passaggio all’STG ha prodotto benefici per i clienti domestici e nell’assetto di mercato, ciò potrebbe essere non necessariamente vero nel lungo periodo”.
Il post presenta l’articolo di Alberto Clô e Gian Paolo Repetto Dinamiche dei mercati del gas e scelte della regolazione pubblicato su ENERGIA 1.24 (pp. 12-21)
Alberto Clô è direttore della rivista ENERGIA
Gian Paolo Repetto è analista dei mercati energetici e collabora con Rie – Ricerche Industriali ed Energetiche
Foto: Mauro Orlando, Flickr
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