10 Aprile 2024

L’imminente crisi energetica dell’Egitto

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L’Egitto è sull’orlo di una dirompente e imminente crisi energetica. La corsa ai ripari impone di importare GNL, mutando lo status del paese da esportatore a importatore netto di gas. Il tutto accade mentre l’UE elargisce fondi per puntellare il regime di al-Sisi e stringe accordi velleitari per una cooperazione in ambito energetico. Una discrasia ogni giorno crescente separa gli obiettivi della diplomazia energetica europea dalla situazione del sistema energetico egiziano. E il Piano Mattei?

I nuovi sviluppi della strategia egiziana suggeriscono che l’insicurezza energetica, accompagnata dalla crisi economico-finanziaria e l’instabilità geopolitica del Medio Oriente, possano divenire un fattore di rischio sistemico per l’intera regione. L’Egitto necessita sino ad un milione di tonnellate di GNL nei prossimi mesi per evitare una rovinosa crisi energetica, con conseguenze allarmanti per l’Italia e l’Europa mediterranea.

La sintesi di una crisi annunciata

La preoccupante comunicazione delle autorità egiziane ha trovato poco o nulla risalto nel nostro paese. Mentre EGAS, la holding statale del settore gassifero rimane chiusa in un ermetico silenzio, il mercato parla da sé. L’Egitto è incapace di rispondere in autonomia alla domanda interna di gas. Seppur le festività del Ramadan incidano al ribasso sui consumi, il governo è ritornato da settimane ad imporre blackout generalizzati in tutto il paese.

Il gas naturale fornisce infatti la stragrande maggioranza dell’approvvigionamento elettrico in Egitto e i blackout si sono allargati ben oltre i limiti inizialmente imposti. Sin dall’estate 2022, il Cairo ha avviato un programma per il risparmio con due obiettivi principali. In primis vi è stato il taglio delle forniture elettriche alla popolazione, conservando sufficiente gas per il picco di consumi. Il secondo obiettivo è invece un aumento delle esportazioni di GNL, garantendo valuta forte alle deboli finanze statali.

Entrambi i propositi appaiono ormai del tutto fuori portata. Rieletto tutt’altro che democraticamente lo scorso dicembre, al-Sisi è riuscito ad interrompere i blackout soltanto per poche settimane precedenti il voto delle Presidenziali. Nel contempo, le comunità rurali e le regioni periferiche del paese sono state interessate da interruzioni ben più estese che nelle principali metropoli. Negli ospedali, le operazioni vengono rimandate e i parti vengono sovente eseguiti attraverso modalità che ricordano più le angustie dei campi profughi che una nazione in via di sviluppo.

L’Egitto come importatore di gas e il caso Zohr

Il secondo proposito della strategia egiziana è rendere il paese un grande esportatore di GNL. Una strategia che si sposa perfettamente con la recente missione europea al Cairo. Eppure lo scenario che si prospetta non potrebbe essere più lontano da quello di un Egitto hub energetico regionale, così come auspicato nel Memorandum siglato con UE e governo di Israele nel 2022.

Giunti nella capitale egiziana lo scorso 17 marzo, i rappresentanti UE non hanno nascosto che l’intento principale della missione rimane quello di “allontanarsi ancora dal gas russo.” Alla presenza della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen e diversi capi di governo europei, tra cui la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, l’UE ha sottoscritto un pacchetto da 7,4 miliardi di euro di prestiti e investimenti. Curiosamente, Roma ha riferito che i colloqui bilaterali e attuazione del Piano Mattei non si sono soffermati in alcun modo sul tema energia. Si è invece parlato di cooperazione nei settori della produzione agricola e sicurezza alimentare.

L’occasione della sigla di una nuova partnership strategica UE-Egitto ha visto invece le parti dare centralità alle energie low-carbon. La realtà sul campo ci suggerisce però che la diplomazia energetica europea potrebbe aver sovrastimato le potenzialità dell’area, soprattutto nell’attuale contesto politico.

Nel 2023, il calo produttivo annuale di gas in Egitto è stato pari ad un inquietante 11%. L’output è risultato addirittura inferiore ai livelli del 2017. Una data significativa, visto che alla fine di quell’anno era entrato in produzione il più grande giacimento scoperto nel Mediterraneo, Zohr, operato da Eni. Lo stesso che oggi sta registrando molteplici problemi infrastrutturali. Nonostante il diniego da parte del Cairo e i ripetuti tentativi di assestamento da parte delle aziende coinvolte, i segnali sono inequivocabili.

A dispetto di investimenti che raggiungeranno 15 miliardi di euro entro il 2026, la produzione di Zohr si è ridotta di oltre 20% in soli tre anni e rimane ben al di sotto della sua capacità nominale. Le (s)fortune energetiche egiziane sembrano ormai strettamente legate al destino del giacimento. L’ultimo pozzo esplorativo Orion-1X ha disatteso le aspettative e il rischio, ormai concreto, è che la produzione egiziana si riduca ulteriormente nel 2024.

Esportazioni di GNL dall’Egitto nel periodo ottobre-marzo
Fonte: Elaborazione dell’Autore su dati Bloomberg

Il risultato è che da ottobre 2023 a marzo 2024, il periodo maggiormente propizio per le esportazioni di gas visti i ridotti consumi elettrici, le esportazioni di GNL dai due impianti egiziani sono diminuite dell’80% rispetto lo stesso periodo dell’anno precedente. al-Sisi ha evidentemente fallito l’obiettivo di rendere l’Egitto un grande esportatore di gas. Il contesto ha invece reso l’Egitto ancor più dipendente dalle forniture israeliane, tutt’altro che garantite, visto il contesto geopolitico regionale.

I miraggi della diplomazia energetica UE in Egitto

A tirare la volata del nuovo accordo tra UE ed Egitto vi sono le enormi aspettative verso le rinnovabili. Circa 12 miliardi di dollari sarebbero oggi pianificati per la fase pilota del progetto ibrido di rinnovabili e idrogeno nella Zona Economica del Canale di Suez. L’industria delle rinnovabili potrebbe offrire un’alternativa al commercio attraverso il Canale che vive oggi gravissime difficoltà. Gli attacchi Houthi nel Mar Rosso convogli israeliani e britannici non sono mai cessati.

Poche settimane fa, il Ministro dell’Energia egiziano Tarek El Molla ha annunciato l’obiettivo di portare al 60% le rinnovabili nel mix energetico del paese entro la fine del decennio. Oggi, le stesse coprono poco più del 5% del fabbisogno energetico. I vari settori sono da tempo privi di sufficiente spinta per decollare. Nonostante le grandi potenzialità, barriere regolatorie, instabilità politica e mancanza di supporto governativo continuano a limitare la possibilità di collaborazioni pubblico-private. Fattori la cui influenza difficilmente sbiadirà nel breve periodo.

L’accordo siglato tra UE ed Egitto richiede che il Cairo si intesti la gestione dei flussi migratori in uscita come controparte ad una nuova largesse finanziaria a sostegno del regime. Una gestione che non brilla, viste le consistenti violazioni dei basilari principi delle politiche sui rifugiati. Dall’altra parte, le condizioni umanitarie non sembrano aver dissuaso gli investitori internazionali (Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e soprattutto Emirati Arabi uniti) ad intervenire, insieme all’UE, con decine di miliardi di dollari in supporto al governo di al-Sisi.

Essi consentiranno di far fronte al debito montante e un’inflazione fuori controllo. In cambio, l’Egitto ha indorato la pillola di una ulteriore svalutazione monetaria, con un immediato effetto sul rialzo dei prezzi di diesel, gasolio, gas butano: prodotti usati largamente dalla popolazione. Aumenti che non aiuteranno la popolarità del regime, mentre la svalutazione della sterlina renderà ancor più costosi per gli investitori interni i progetti di fonti rinnovabili, annunciati e finanziati in valuta straniera.

Nel frattempo, metaniere sono state indirizzate verso l’Egitto dalle compagnie di trading internazionali, ghiotte degli enormi guadagni derivati dalla crisi energetica globale. Il GNL venduto a prezzi assai più cari che quelli del TTF non saranno facilmente digeribili né dalle casse statali né, ovviamente, dai cittadini egiziani.


Francesco Sassi (PhD.) è research fellow in geopolitica e mercati energetici presso Rie-Ricerche Industriali ed Energetiche


Foto: Flickr

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