In passato hanno contribuito a frenarne lo sviluppo, ma oggi le prospettive della domanda elettrica e il consenso sociale possono favorire un rilancio del nucleare in Occidente? L’indagine di Luigi De Paoli su ENERGIA 1.24.
A quasi due anni di distanza dal trittico di articoli pubblicati nel marzo 2022, ENERGIA ha ripreso la sua indagine sulle prospettive del nucleare in Occidente. Più che per gli sviluppi tecnologici (IV generazione o Small Modular Reactors), di cui si fa un gran parlare pur se ancora in fase sperimentale, l’interesse per il nucleare pare rinnovato per il contributo che può apportare al duplice obiettivo di contrastare i cambiamenti climatici e rafforzare la sicurezza energetica.
Per valutare la concretezza delle prospettive annunciate da accordi e dichiarazioni nazionali e internazionali, è opportuno indagare e dare risposta a singole specifiche questioni. Oltre a quello politico, anche i contesti normativo, energetico, sociale, industriale e finanziario devono infatti allinearsi per consentire la ripresa di una tecnologia sistemica come quella nucleare in Europa e in Occidente.
I fattori abilitanti la ripresa del nucleare in Occidente
Nello scorso numero (4.23), il giurista Raffaele Bifulco ha argomentato come l’attuale cornice normativa nazionale ed europea possa considerarsi neutrale rispetto a una riconsiderazione del riavvio della produzione di energia nucleare in Italia.
Nel numero di marzo 2024 è invece l’economista Luigi De Paoli ad indagare se le prospettive della domanda elettrica e la predisposizione sociale possono favorire un rilancio del nucleare nei paesi della cosiddetta Triade (Nord America, Europa Occidentale e Giappone).
Assieme agli aspetti legati ai costi e alla finanziabilità – che l’Autore affronterà in un apposito articolo – la debolezza della domanda elettrica e l’opposizione pubblica sono infatti le ragioni del significativo calo dell’energia nucleare nei paesi della Triade negli ultimi trent’anni.
Queste ragioni sono ancora sufficientemente forti da controbilanciare la spinta a suo favore proveniente dalla lotta contro le emissioni climalteranti e dalle preoccupazioni per la sicurezza delle forniture energetiche?
Debolezza della domanda elettrica e opposizione pubblica remano ancora contro il nucleare?
L’articolo muove dalla ricostruzione del rapporto tra la Triade e il nucleare (par. 1) negli ultimi trent’anni e da come le prospettive di sviluppo dell’energia nucleare nei prossimi decenni si presentino in modo diverso soprattutto tra il resto del mondo e la Triade, ma anche all’interno di questi ultimi.
“Infatti, in alcuni paesi i governi succedutisi nel tempo sono rimasti favorevoli a una continuazione dell’impegno nucleare: Francia, Regno Unito e Finlandia dell’UE-15, Stati Uniti e Canada nel Nord America e lo stesso Giappone, malgrado l’incidente di Fukushima, come si dirà meglio in seguito.
Altri – Svezia, Belgio, Spagna e, con maggiore incertezza, l’Olanda – seppure in modo conflittuale e con diversi ripensamenti, hanno deciso di uscire dal nucleare in modo progressivo (…). La Germania invece, dopo l’incidente di Fukushima, ha deciso di troncare l’esperienza nucleare (…).
Non va infine dimenticato che, prima del trentennio qui considerato, due paesi (Austria e Italia) hanno deciso un’uscita completa e immediata dal nucleare senza mettere in esercizio un reattore completato (…) o dismettendo anche reattori a inizio vita o in stato avanzato di costruzione (…)”.
La brusca caduta della crescita della domanda elettrica
La seconda parte approfondisce il ruolo dell’andamento della domanda elettrica (par. 2). Infatti, “la decisione di ordinare un impianto nucleare può essere presa perché si ritiene che questa tecnologia sia la più conveniente per soddisfare l’incremento atteso della domanda di base oppure per sostituire impianti di base esistenti che siano obsoleti per ragioni economiche (la loro sostituzione permette un risparmio di costo) o tecniche (sono giunti a fine vita)”.
L’analisi prende quindi in esame la reazione dei diversi paesi della Triade di fronte alla brusca caduta della crescita della domanda elettrica (par. 2.1.) e in particolare il caso limite francese (par. 2.2.), “caso esemplare di ricerca delle economie di scala in campo nucleare” che tuttavia ha visto il costo unitario dei reattori crescere sistematicamente in termini reali e gli ordinativi arrestarsi “per «eccesso di realizzazioni» rispetto alla domanda interna”.
L’’atteggiamento individuale e collettivo vs la razionalità probabilistica del rischio
“Una seconda ragione che ha contribuito a rallentare e in qualche caso a fare abbandonare lo sfruttamento dell’energia nucleare nei paesi della Triade è l’opposizione di parte della popolazione” (3. L’accettazione sociale e la questione «etica»).
“i fautori del nucleare invitano ad assumere un atteggiamento «razionale» tenendo conto sia del funzionamento normale che incidentale e suggeriscono di confrontare l’impatto sulla salute e in particolare sulla mortalità per unità di energia resa disponibile dell’energia nucleare e di quelle delle altre fonti energetiche abitualmente utilizzate. (…) Se tutti accettassero questo invito (…), la paura (…) non dovrebbe ostacolare molto la localizzazione e la costruzione dei reattori”.
Tuttavia, sottolinea De Paoli come sia noto ormai da tempo come l’atteggiamento individuale e ancor più quello collettivo non si fondi sulla razionalità probabilistica ovvero su un’analisi costi-benefici probabilistica.” Inoltre,
“In non pochi casi la scelta nucleare è stata usata dai partiti politici in funzione di alleanze di governo o di eliminazione di un argomento di conflitto elettorale. Un caso interessante è senz’altro quello svedese dove (…) l’opinione pubblica svedese è sempre stata mediamente più a favore del nucleare della classe politica e il conflitto sull’impiego dell’energia nucleare sia stato anzitutto un fenomeno politico, non sociale o psicologico”.
Le opposte esperienze di Germania e Giappone
Vi è poi la questione delle decisioni politiche vengono prese in prossimità di gravi incidenti con ampia copertura mediatica. A partire dall’Italia, anche se “i casi più emblematici di interazione tra opinione pubblica e potere politico dopo un incidente nucleare sono senz’altro quelli della Germania e del Giappone che hanno avuto dinamiche ed esiti diversi e per questo meritano un esame specifico” che l’Autore ricostruisce ed approfondisce in due appositi sottoparagrafi: Il caso tedesco (3.1.) e Il caso giapponese (3.2.)
Nelle conclusioni (par. 4) De Paoli sottolinea come il ribaltamento delle prospettive nucleare tra i paesi della Triade e il resto del mondo sia, per lo meno in parte, imputabile al ritmo di sviluppo e quindi di crescita della domanda elettrica che, “per lo più stagnante” nel primo caso può suggerirne il ricorso nel secondo.
L’Autore sottolinea inoltre come, sebbene le preoccupazioni per i cambiamenti climatici e la sicurezza degli approvvigionamenti tendano a far riaprire la discussione sul nucleare anche in paesi che lo hanno abbandonato o hanno deciso il phase-out progressivo il consenso resta decisivo. “La circostanza che l’opinione pubblica non può essere ignorata nei paesi democratici dovrebbe portare a considerare con attenzione che, se si vuol passare dalle parole ai fatti, bisogna trovare la disponibilità delle popolazioni locali ad accettare gli impianti”.
Un futuro diverso dal passato?
Se la debolezza della domanda elettrica e il mancato consenso “spiegano in larga parte la passata regressione” del nucleare, aggiunge il nostro direttore Alberto Clò, “in futuro potrebbero costituirne invece fattore di sostegno, al di là dei punti di forza di questa tecnologia (densità energetica e continuità) rispetto a quelle alternative. Due le ragioni: la prevista elettrificazione dei consumi energetici per garantirne la decarbonizzazione, con parallela ripresa della domanda elettrica, e la priorità assegnata da governi e opinioni pubbliche alla sicurezza energetica e ai cambiamenti climatici”.
Necessario tuttavia fare tesoro di quella “amara esperienza” della “fallita «rinascita nucleare» alimentata negli anni a cavallo tra primo e secondo decennio di questo secolo” che “sembra non avere insegnato nulla, così che la porta girevole del nucleare ha ripreso a ruotare anche per l’Italia, lasciando però irrisolti i mille interrogativi che sarebbe opportuno porsi al di là dell’accettabilità sociale, ad iniziare da chi potrebbe mai rischiare miliardi di euro avendo alle spalle enormi perdite di denaro”.
Questioni che cercheremo di chiarire nei prossimi numeri sempre con l’accurato supporto del professor De Paoli e con il coinvolgimento di chi sul nucleare è intenzionato a puntarci.
Il post presenta l’articolo id Luigi De Paoli Nucleare nella Triade: domanda elettrica e consenso sociale pubblicato su ENERGIA 1.24 (pp. 54-67)
Luigi De Paoli, Università Bocconi
Foto: Unsplash
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