La presentazione integrale del numero 2.24 della rivista trimestrale ENERGIA a firma del direttore Alberto Clò.
Quale transizione energetica e chi la decide?
(…) In un’intervista sul Financial Times, Christyan Malek di JPMorgan ha sostenuto che il mondo necessiterebbe di un «reality check» sul passaggio dalle fossili alle rinnovabili, che «può richiedere diverse generazioni per conseguire gli obiettivi net-zero» (…). Nell’articolo che qui pubblichiamo, Vaclav Smil ribadisce che «la difficoltà e la complessità della decarbonizzazione dell’offerta energetica globale sono state ampiamente e ripetutamente sottovalutate», aggiungendo che l’enorme fabbisogno di materiali critici, concentrati in un ristrettissimo numero di paesi (Cina in testa) e necessari alla produzione delle rinnovabili, aumenterà il fabbisogno di fossili, quindi il rilascio delle emissioni (…). Le risorse rinnovabili, che dovrebbero costituire l’architrave della lotta al global warming vanno peraltro incontrando, al di là della loro drogata crescita, ulteriori ostacoli, a iniziare dalla riduzione dei prezzi imputabile alla «price cannibalization» (…). Un altro ostacolo alla loro penetrazione e affidabilità, a dire di G.B. Zorzoli, è dato dai sempre più frequenti eventi estremi, grandine ed elevata ventosità, che ne mettono a rischio le infrastrutture e i livelli di produzione. Un ulteriore tassello della transizione energetica in cui le cose non sembrano muovere nella direzione auspicata, o almeno nella narrazione dominante che se ne dà, è quello delle auto elettriche analizzata da Goehring e Rozencwajg nell’articolo dal significativo titolo: L’illusione norvegese. (…) L’esperienza della Norvegia, paese con un altissimo reddito pro-capite ma nonostante questo con sussidi per l’acquisto di auto elettriche estremamente generosi a favore di famiglie ricche, è al riguardo esaustivo: non come esempio da seguire, ma come caso di riferimento per le controverse conseguenze causate dalla loro penetrazione. (…) (Nella) contrapposizione dei diversi scenari previsivi – e anche alla luce delle contraddizioni evidenziate nel cammino della transizione energetica – l’interrogativo che formulo nel mio editoriale è il seguente: a quale dei contrapposti scenari è opportuno e necessario rapportarsi per decidere il «che fare», oggi per domani? Da chi dipende questa scelta: dal mercato o dalla politica, o da una loro combinazione? (…)
Decidere al buio
(…) Decisioni epocali, come l’Accordo di Parigi, paiono essere state prese «al buio», ignorando elementi cardine del rapporto tra gli Stati. Il percorso verso il raggiungimento degli obiettivi climatici deve ora essere ripensato alla luce del riaffiorare di priorità nazionali, come la sicurezza energetica e la tutela industriale. Il contributo dei ricercatori di Resources for the Future Elkerbout, Nehrkorn e Pizer evidenzia la necessità di una revisione istituzionale del sistema del commercio globale (…), se si vuole che supporti il raggiungimento degli obiettivi di Parigi. (…) E «al buio» paiono esser prese le decisioni adottate a Bruxelles. (…). (Dal)l’articolo di Claudio Baccianti sugli effetti macroeconomici (…) di breve e lungo periodo delle politiche climatiche in Europa (…) emergono, da un lato, la diversità delle specifiche situazioni nei singoli paesi e, dall’altro, la scarsa conoscenza che comunque si ha, sia dalla letteratura che da studi applicati, degli effetti delle politiche climatiche sulle loro economie e su quelle dell’Europa nel suo assieme. Quel che avrebbe dovuto semmai sapersi prima e non dopo la loro adozione. Una conclusione che può riferirsi anche alla situazione energetica dell’Italia, partendo da un quesito: che segno vi ha lasciato la doppia crisi degli ultimi quattro anni? Secondo l’analisi di Francesco Gracceva e Bruno Baldissara, tutti gli obiettivi al 2030 sono oggi più lontani rispetto a quattro anni fa per ciascuno degli indicatori individuati nel Pniec del 2023. Per raggiungere il target fissato al 2030, sarebbe infatti necessaria in sette anni una riduzione media annua delle emissioni del 5,5%, più che doppia rispetto a quella ritenuta necessaria nel Pniec del 2019 (del 2,3% m.a.). Obiettivi fissati in entrambi i casi senza cognizione sulla loro effettiva realizzabilità (…).
Transizione: investire dove serve
Anche nel 2023 sono aumentate le emissioni globali di anidride carbonica (…). La questione più problematica attiene al carbone, cui la generalità dei paesi emergenti attinge ancora massicciamente e sempre più attingerà, vista la messa in cantiere di centinaia di nuove centrali. (…) Investendo nel Sud anche solo una parte di quel che si è speso nei paesi avanzati, specie in Europa, si sarebbero ridotte le emissioni globali in misura ben maggiore di quel che è avvenuto. (…) Al tema dell’allocazione delle risorse sono dedicati tre articoli. Il primo è di Michael Olabisi della Michigan State University, che sostiene l’impossibilità per i paesi poveri di accrescere il loro debito per finanziare progetti green data la dimensione degli investimenti che sarebbero necessari rispetto alla dimensione delle loro economie. Da qui, la necessità di puntare a strumenti innovativi di cooperazione internazionale e, parimenti, di attrarre il contributo degli operatori privati. (…) Il secondo articolo è di Minh-Ha-Duong dell’Università di Hanoi, il quale analizza le esperienze delle Just Energy Transition Partnership che, attraverso accordi tra importanti paesi avanzati, finanziano progetti nella transizione di paesi emergenti, così da ridurre l’ancoraggio spesso dominante al carbone (…). Il terzo contributo è dedicato al fronte dell’adattamento, il quale, come ben argomenta Enzo Di Giulio, sarebbe in grado di ridurre sensibilmente il rischio climatico se vi venissero dedicati gli investimenti necessari e che invece sono tra le 10 e le 18 volte inferiori (21 mld doll. il livello del 2021). (…) Quel che potenzialmente rende «vulnerabili» non solo i paesi del Sud del mondo, ma tutte le economie del globo, la nostra inclusa. E proprio sull’adattamento il Mase ha rilasciato lo scorso dicembre un apposito piano (Pnacc), di cui Di Giulio nella seconda parte dell’articolo propone un’analisi critica, soffermandosi sia suoi contenuti principali che sui suoi limiti (…).
Ancora niente di nuovo sul fronte distribuzione elettrica
Uno degli obiettivi che ENERGIA si è sempre posta è quello di fornire un contributo di analisi e proposte in merito a decisioni che i policymaker devono intraprendere su temi di grande rilevanza. Così è stato ed è per la scadenza della messa a gara delle concessioni della distribuzione elettrica (…). In questo numero Luigi De Francisci e Carlo Stagnaro sviluppano in modo tra loro dialettico tre punti: (a) la ricostruzione storica delle deliberazioni adottate dall’avvio della liberalizzazione del mercato elettrico nazionale, a seguito della direttiva europea del 1996; (b) i mutamenti di vario ordine che hanno visto una profonda trasformazione del ruolo del distributore elettrico (…); (c) le possibili scelte che potrebbero adottarsi in vista della scadenza del 2030. «Quanto è attuale, 25 anni dopo, quel disegno di mercato?» si chiedono gli Autori. Risposta non semplice e non ovvia, ma soprattutto non univoca (…).
a.c.
Bologna, 3 giugno 2024
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login