Nonostante l’eccezionale penetrazione dell’auto elettrica, in Norvegia non si riscontra nessun calo significativo dei consumi petroliferi, né di conseguenza delle emissioni di carbonio. Com’è possibile? Goehring e Rozencwajg ne spiegano le ragioni in articolo pubblicato su ENERGIA 2.24. Secondo loro, la sostituzione degli Ice con gli Ev non solo non ridurrà la domanda petrolifera, ma aumenterà sostanzialmente le emissioni di carbonio.
L’auto elettrica è largamente considerata un mezzo fondamentale per ridurre se non azzerare le emissioni sul fronte della mobilità privata. Alimentando l’automobile con elettricità decarbonizzata, generata da fonti rinnovabili o nucleare, si evita il consumo di benzina o diesel. Le emissioni prodotte durante il ciclo di costruzione dell’automobile, e in particolare quelle relative alla batteria, si sostiene siano comunque inferiori a quelle generate nel ciclo di vita di una tradizionale automobile a motore termico.
Vi sono poi altri vantaggi, come la riduzione degli inquinanti locali o i minori costi di manutenzione, sebbene non siano certo quelli che spingono per una rivoluzione indotta dell’intero comparto automobilistico.
Auto elettrica sì, auto elettrica no?
Questa impostazione è raccomandata dalle più importanti istituzioni internazionali in materia di energia e clima (come l’IPCC e la Iea), tanto che l’Unione Europea ha deciso lo stop ai motori termici a partire dal 2035. Tuttavia, non tutti convengono sui citati vantaggi e in più vi contrappongono una serie di svantaggi o criticità, a partire dai rischi per un’industria europea di pregio come quella automotive e quelli geopolitici di una forte dipendenza dalla Cina. (Per una disamina di questo confronto tra le ragioni del sì e del no all’auto elettrica si rimanda all’articolo di Enzo Di Giulio).
In un articolo pubblicato sul numero 2.24 della rivista ENERGIA, Leigh R. Goehring e Adam A. Rozencwajg muovono una nuova forte critica ai supposti vantaggi dell’auto elettrica. Vi sostengono infatti chela domanda petrolifera non verrà scalfita da una maggiore penetrazione dei modelli elettrici nel parco circolante.
“I sostenitori della mobilità elettrica ritengono che la sostituzione dei combustibili fossili sia essenziale per frenare il riscaldamento globale. Non siamo d’accordo: la sostituzione degli Ice con gli Ev aumenterà sostanzialmente le emissioni di carbonio e potrebbe peggiorare il problema”.
A riprova di questa tesi gli autori prendono a riferimento il caso della Norvegia, paese simbolo dell’elevata penetrazione delle auto elettriche, che nel 2022 hanno rappresentato l’80% delle vendite di auto nuove e il 20% del parco auto circolante.
Nonostante alcuni sussidi siano stati tolti, un residente di Oslo può ancora aspettarsi un totale di 8.000 dollari all’anno
Un vero e proprio case study per sostenitori delle auto elettriche, ma che Goehring e Rozencwajg prendono in esame per giungere alle conclusioni opposte. Non solo, o tanto, per una questione finanziaria o di giustizia sociale, ma per l’impatto su quello che dovrebbe essere il loro primario se non unico obiettivo: ridurre i consumi di petrolio.
“La Norvegia è uno dei paesi più ricchi del mondo, con un Pil pro-capite di 106.000 dollari nel 2022. Nonostante l’impressionante livello di benessere, il governo deve ancora incentivare finanziariamente i suoi cittadini ad acquistare gli Ev, con importanti ripercussioni sulle finanze norvegesi” (1. Un peso per la spesa pubblica, che crea iniquità).
Oltre agli incentivi fiscali all’acquisto, vi sono l’esenzione da qualsiasi pedaggio stradale e traghetto, l’utilizzo delle corsie preferenziali, parcheggi e ricarica gratuiti nelle aree comunali, «diritti di ricarica» nei condomini.
Quasi 4 miliardi di dollari di spesa pubblica all’anno (tanto quanto per la manutenzione di autostrade e infrastrutture pubbliche) hanno consentito l’incredibile livello di penetrazione dell’auto elettrica in Norvegia, senza tuttavia registrare nessun calo significativo dei consumi petroliferi (par. 2), né di conseguenza, delle emissioni di carbonio.
“Nonostante il 20% di tutti i veicoli in circolazione sia elettrico, la domanda di benzina e diesel in Norvegia è diminuita solo del 4%”.
Numeri solo apparentemente contraddittori
Com’è possibile un simile risultato? La risposta sembrerebbe piuttosto semplice: acquistare un’auto elettrica non equivale ad usarla o a sostituire un motore termico.
“Dal 2010 al 2022, la Norvegia ha aggiunto 550.000 Ev, ma il numero di Ice su strada, invece di diminuire, è aumentato di 32.630 unità”. Questo perché famiglie molto abbienti possono permettersi di acquistare, grazie al generoso sussidio pubblico, e mantenere entrambe le tipologie di auto per usarle a seconda delle necessità.
“Quando una famiglia preferisce evitare un pedaggio stradale o il costo del traghetto, avere accesso a parcheggi o tariffe gratuite, o evitare la congestione utilizzando le corsie riservate agli autobus, utilizza il proprio veicolo elettrico, mentre quando va nelle case di montagna, usa l’auto tradizionale”.
A questo esiguo calo dei consumi di benzina e diesel vanno poi contrapposti le emissioni provocate dalla produzione dell’auto elettrica, anche se avvenute altrove, soprattutto in Cina. Secondo i calcoli degli autori, “l’introduzione degli Ev in Norvegia ha aumentato drasticamente le emissioni di CO2 lungo l’intero ciclo di vita. Ciò è incredibilmente vero nonostante la Norvegia abbia il sistema idroelettrico a più basso contenuto di carbonio al mondo”.
Meno efficienti di quanto si pensi
La seconda parte dell’articolo è dedicata a smontare un secondo radicato convincimento relativo all’auto elettrica: la sua maggiore efficienza energetica rispetto a un veicolo Ice.
“Secondo un’ampia letteratura, gli Ice sono efficienti solo al 40% (…). Un motore elettrico, invece, trasferisce quasi il 90% della sua energia elettrica direttamente alle ruote. La differenza porta molti a concludere erroneamente che un Ev sia quasi tre volte più efficiente di un Ice. Questa comune argomentazione è fondamentalmente errata per tre ragioni: innanzitutto, non considera l’energia necessaria per produrre la batteria; in secondo luogo, non distingue tra energia termica ed elettrica; e in terzo luogo, non tiene conto della scarsa efficienza energetica delle energie rinnovabili”.
Ragioni che vengono opportunamente argomentate da Goehring e Rozencwajg con un generoso utilizzo di dati e stime, in particolare il terzo punto sull’inefficienza delle rinnovabili, che gli autori rafforzano con un sottoparagrafo dedicato al ritorno energetico sull’investimento (par. 3.1), parametro che indica l’energia totale richiesta per produrre varie forme di energia e integrato per calcolare l’efficienza automobilistica: “assumendo 100 kWh di energia termica disponibile, quanta distanza può aspettarsi di percorrere un conducente su un Ice rispetto a un Ev? (…) Utilizzando questo approccio, la gara non è nemmeno serrata: l’Ice vince «a mani basse»”.
Nette le conclusioni (par 4): “Mai nella storia un «motore primario» meno efficiente ne ha sostituito uno più efficiente. Crediamo che questa volta non sarà diverso”.
Realtà e illusioni della transizione energetica
Proprio come recita il titolo dell’articolo (L’illusione norvegese), quella dell’auto elettrica come soluzione per ridurre i consumi petroliferi, e quindi le emissioni, sarebbe una vera e propria illusione, così come lo è prendere a riferimento il caso della Norvegia, per molti aspetti più unico che raro.
Ed è per questo che l’articolo va a comporre, all’interno del numero 2.24 della rivista ENERGIA, un blocco dedicato alle realtà e illusioni della transizione energetica assieme a quelli di GB Zorzoli e di Vaclav Smil.
Il primo solleva la questione dei danni atmosferici alle rinnovabili, apparentemente ovvia ma troppo a lungo colpevolmente negata in Europa dai promotori delle rinnovabili per “l’inconscio timore di non riuscire a contrastare tempestivamente il cambiamento climatico”. Lo studioso ceco mette a nudo i fabbisogni materiali della transizione ribadendo che “la difficoltà e la complessità della decarbonizzazione dell’offerta energetica globale sono state ampiamente e ripetutamente sottovalutate” e dal quale emerge l’irrisolvibile paradosso di una domanda temporaneamente più elevata di energie fossili per favorire lo sviluppo delle rinnovabili.
Il post presenta l’articolo di Leigh R. Goehring e Adam A. Rozencwajg L’illusione norvegese pubblicato su ENERGIA 2.24 (pp. 22-26)
Leigh R. Goehring e Adam A. Rozencwajg (Goehring & Rozencwajg)
Foto di Joshua Kettle su Unsplash
Per aggiungere un commento all'articolo è necessaria la registrazione al sito.
0 Commenti
Nessun commento presente.
Login