6 Agosto 2024

Elettrificazione: dallo straordinario caso cinese a quello sconfortante europeo

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L’aumento dei consumi elettrici a livello mondiale è notizia certamente positiva, dato che l’intera transizione energetica poggia sull’elettrificazione, tuttavia è presto per dire se il cambio di passo è strutturale e inoltre vi è una grande disparità geografica, come mostrano lo straordinario caso cinese e quello sconfortante europeo.

Nei giorni scorsi l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha dato un certo risalto alla crescita dei consumi elettrici a livello mondiale. Si prospetta un aumento del 4% nell’anno corrente: si tratta del tasso più elevato negli ultimi due decenni, se si escludono i due anni outlier 2010 e 2021, caratterizzati da un fenomeno di rimbalzo dopo le crisi indotte, rispettivamente, dai subprime e dal covid.

La notizia è certamente positiva perché, lo ricordiamo, l’intera transizione energetica poggia sull’elettrificazione. Senza di essa non è possibile alcun percorso verso net zero perché le fonti fossili continuerebbero a regnare in settori cruciali quali i trasporti e il residenziale, non venendo sostituiti dall’elettricità green.

Una crescita strutturale?

La domanda che sorge è se questo miglioramento sia fenomeno temporaneo oppure preludio a un cambio di passo. L’Agenzia di Parigi ritiene che il tasso di crescita si manterrà alto anche nel 2025, intorno al 4%.

Va sottolineato che se la crescita si stabilizzasse intorno tali valori saremmo di fronte a un breakout strutturale, in grado di far crescere velocemente la quota di elettricità nei consumi finali. La difficoltà, tuttavia, sta proprio nel tenere questo ritmo elevato per diversi anni: già in passato, prima del 2007, i consumi elettrici sono cresciuti intorno al 4%, ma questa velocità non è durata a lungo (vedi grafico).

Fonte: Iea, Electricity Mid-Year Update, July 2024

Alcuni semplici numeri

Per evidenziare meglio il problema dell’elettrificazione, vediamo alcuni semplici numeri: a livello mondiale, la quota di elettricità nei consumi energetici finali è al momento intorno al 20%. Lo scenario net zero prevede che essa raggiunga il 50% entro il 2050.

Tuttavia, i tassi di crescita attuali sono troppo bassi per portarci a quel valore. Nei quattro anni che vanno dal 2018 al 2022 il tasso di crescita medio globale della quota dei consumi elettrici sui consumi finali è stato pari all’1,5%: con questo ritmo occorrerebbero ben sessant’anni per raggiungere l’obiettivo, ovvero si arriverebbe al 2082, 30 anni oltre il famigerato 2050.

Per conseguire l’obiettivo, il tasso di crescita dovrebbe elevarsi dall’1,5% al 3,2% medio annuo, cioè dovrebbe più che raddoppiare.

Elettrificazione: bene Cina e Brics, malissimo Usa e Ue

È interessante osservare come la situazione sia assai eterogenea sul piano geografico. Ad esempio, in Cina i consumi elettrici penetrano rigorosamente all’interno della domanda finale, tanto che la loro quota cresce di circa il 3% all’anno: ciò implica che l’obiettivo del 50% potrebbe essere raggiunto in appena due decenni.

Ma è in tutta l’area Brics che il tasso cresce a ritmi ragguardevoli, intorno al 2,4%, valore che consentirebbe di raggiungere il traguardo del 50% in 32 anni.

D’altro canto, sorprende come proprio nelle aree in cui la transizione energetica è più avanti, perlomeno sul fronte della decarbonizzazione della generazione elettrica – conseguenza di elevati investimenti trainati dal connubio regolazione-sussidi – proprio in queste aree, dicevamo, l’elettricità non penetra e non riesce a trovare un proprio spazio tra i consumi energetici finali.

Si va da un tasso dello 0,8% negli Stati Uniti allo 0,2% dell’Unione Europea, valori che rendono il processo di elettrificazione del tutto fallimentare. A tali ritmi, che sono quelli degli ultimi quattro anni, gli Stati Uniti impiegherebbero 98 anni per toccare il 50% richiesto, mentre l’Unione Europea addirittura 358 anni.

Il lettore potrebbe pensare che questo ritmo insufficiente rifletta una situazione eccezionale, non rappresentativa di un trend comunque più dinamico nel lungo periodo. Purtroppo, è vero proprio il contrario e cioè i tassi di crescita sono del tutto in linea con quelli degli ultimi 12 anni: 0,2% Usa, 0,4% Ue.

Ue, una sottaciuta contraddizione strana e sconfortante

Il dato dell’Unione Europea è, a dirla tutta, un mistero, perché siamo di fronte alla strana e sconfortante situazione di una penetrazione elettrica che anziché accelerare rallenta, nonostante le smodate ambizioni green del Vecchio continente.

Per ragioni anch’esse – al pari del dato europeo – misteriose, questo stato di cose non viene affatto illuminato dai commentatori e dalle diverse istituzioni, come se si trattasse di un punto marginale laddove siamo di fronte al cuore stesso della transizione, poiché non si dà transizione senza elettrificazione.

Per citare – giocando, ma non troppo – la famosa frase di Lenin “il comunismo è il potere dei soviet e l’elettrificazione del paese”, potremmo dire che “la transizione (entro il 2050) è il potere della regolazione e l’elettrificazione del mondo”.

Non commentiamo oltre questa frase e la lasciamo cadere: ci porterebbe troppo lontano: torniamo ai numeri. L’eterogeneità geografica qui citata è confermata anche dal report dell’Agenzia di Parigi che – pur soffermandosi su un valore assoluto (i consumi elettrici) e non su un tasso (la quota di elettricità negli usi finali) – evidenzia il maggior dinamismo delle economie emergenti rispetto a quelle più mature. Il grafico sottostante lo documenta in modo lampante.

Fonte: Iea, Electricity Mid-Year Update, July 2024

Lo straordinario caso cinese…

Il trend cinese è straordinario ed è prova, ma solo in parte, della vigorosa crescita economica di questo paese. Si potrebbe pensare che l’espansione dei consumi elettrici cinesi sia un dejà vu, ovvero null’altro che il fenomeno tipico di elettrificazione di un paese che passa da una fase rurale a una industriale e in prospettiva all’espansione robusta dei servizi.

Dunque, si potrebbe ritenere che la Cina non stia facendo altro che ripercorrere la via già tracciata da economie più mature, quali l’Unione Europea e gli Stati Uniti, con consumi elettrici che si fanno, nel segno dello sviluppo, sempre più pervasivi. Ma non è così e ce lo confermano due dati.

Il primo è quello relativo alla quota dell’elettricità dei consumi energetici finali. Quello cinese ha superato il 27%, valore mai raggiunto sia nella storia energetica europea che in quella americana.

Il secondo dato è relativo a una variabile, un tempo molto studiata e oggi un po’ caduta in disuso: ci riferiamo all’intensità elettrica, ossia il rapporto tra elettricità consumata (TWh) e Pil (mld. $ 2015).

Nel grafico sottostante riportiamo il trend di alcune aree significative. Si può vedere come l’intensità elettrica cinese cresca straordinariamente a partire dal 2000 circa, laddove quello delle economie mature decresce. In secondo luogo, l’intensità cinese è notevolmente più elevata di quella di Stati Uniti, Unione Europea e di tutta l’area Ocse.

Fonte: elaborazione dell’autore su dati Iea ed Enerdata

In parole semplici, ciò a cui assistiamo non è il riproporsi in un’altra area geografica di qualcosa che è già accaduto nelle economie avanzate. Al contrario, in Cina siamo di fronte a un fenomeno nuovo, che non è altro che quel processo di elettrificazione vigoroso che la transizione richiede: l’elettrificazione, in particolare nell’industria e nel residenziale.

…ma le emissioni sono ancora troppo elevate

Purtroppo, questa possente penetrazione elettrica non è sufficiente a far diminuire le emissioni. Ciò perché la Cina, nonostante i progressi, non è stata fino a oggi in grado di portare il contenuto carbonico della generazione elettrica verso valori accettabili: ancora troppo ampio il ricorso all’uso del carbone.

Nel grafico seguente, tratto da Ember, questa situazione è descritta molto bene: sul lato destro vediamo la considerevole ampiezza della riduzione dell’intensità carbonica dell’elettricità cinese, di gran lunga più elevata rispetto a quella mondiale ed anche, seppur di poco, rispetto a quelle americana ed europea. Sul lato sinistro del grafico vediamo come, nonostante tali progressi, l’intensità carbonica cinese sia in valore assoluto ancora straordinariamente più alta di quella delle economie avanzate.

Fonte: Ember, Global Electricity Review 2024

Ciò che i dati ci stanno dicendo è che Unione Europea e Cina vivono situazioni speculari: la prima riesce a decarbonizzare l’elettricità, ma non a farla scorrere nelle vene dell’economia; la seconda, al contrario, riesce a farla penetrare nei diversi settori della sua economia ma non a decarbonizzarla.

Entrambe falliscono in un ambito: l’Europa sul lato della domanda, la Cina su quello dell’offerta.

Ma la transizione è proprio il verificarsi di queste due cose insieme. La medaglia, purtroppo, fino ad oggi, ha una sola faccia.


 Enzo Di Giulio è economista ambientale e membro del Comitato Scientifico di ENERGIA


Foto: Unsplash


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