Quando si parla di rinnovabili si tende erroneamente a guardare i costi di produzione trascurando i prezzi praticabili sul mercato finale e quindi i costi per i consumatori. Un’ingenuità i cui limiti stanno infine emergendo.
L’andamento dei prezzi effettivi al consumatore con riferimento a fotovoltaico ed eolico sta salendo, con buona pace delle statistiche che ci dicono che i costi di produzione stanno scendendo velocemente. Questo apparente paradosso è documentato per esempio negli Stati Uniti.
La spiegazione di questa contraddizione è connessa con la circostanza che la maggior parte delle analisi sulle prospettive di sviluppo delle rinnovabili e delle fonti energetiche innovative si concentra sulle analisi dei costi di produzione trascurando l’approfondimento dei prezzi praticabili sul mercato finale e quindi dei costi per i consumatori dell’energia, siano questi cittadini o imprese.
L’ingenuità di equiparare costi di produzione e prezzi finali
Ci si limita a sottintendere implicitamente (diciamo pure a lasciar intendere) che il prezzo sarà prevedibilmente il costo di produzione più un ragionevole margine per gli operatori coinvolti.
Alcune rappresentazioni sono talmente ingenue da calcolare il costo dell’energia limitandosi alla produzione in senso stretto, magari infiocchettandolo con minuziosi addendi relativi al livello full life cycle cost, senza tener conto dei costi di sistema per trasporto, distribuzione, stoccaggio e backup connessi inevitabilmente con l’uso di quell’energia.
I limiti di questa ingenuità, derivante dall’incomprensione che l’energia è sempre più un servizio e non un bene, stanno emergendo e gli studi più qualificati argomentano ampiamente al riguardo, anche se a livello pubblica opinione non c’è ancora diffusa consapevolezza sul tema.
Mancano esplicite analisi delle perturbazioni sul mercato reale che, data l’inesistenza di una reale competizione tra fornitori, portano al forte disallineamento tra costi di produzione delle rinnovabili e prezzi praticati al consumatore.
Eppure, il mercato degli idrocarburi fossili, che è sostanzialmente un oligopolio con accordi anche espliciti, ha confermato che il prezzo è significativamente superiore al costo di produzione e distribuzione.
Il prezzo tra beni succedanei
Viene confermata la ben nota legge economica che indica come tetto al prezzo del bene oggetto di cartello, il prezzo sul mercato del bene succedaneo cioè in grado di sostituirlo. Quando il bene succedaneo non è disponibile in quantità sufficiente il prezzo del bene sotto cartello sale fino al limite di tollerabilità del soggetto economico acquirente.
Questa consolidata esperienza, ormai di mezzo secolo dalla prima crisi petrolifera, risulta ignorata in molte analisi sulle prospettive delle rinnovabili. I pochi analisti che si pongono la questione sostengono che la produzione delle rinnovabili non può essere oggetto di cartello. Affermazione che richiede un approfondimento.
Tralasciamo la questione della gestione delle reti di trasporto, distribuzione e stoccaggio ammettendo che si possano diffondere sistemi di produttori-consumatori opportunamente autosufficienti (assunzione il cui realismo non è garantito).
Scongiurare il rischio di un oligopolio tecnologico
Rimane un punto critico: quello della produzione degli impianti tecnologici per lo sfruttamento delle rinnovabili. Se per le tecnologie e i materiali sarà operante un sistema di approvvigionamento sotto cartello (o addirittura con esclusiva, come si sta purtroppo configurando in certi casi) il prezzo al consumatore salirà fino al livello del bene succedaneo disponibile.
È evidente la necessità di operare perché cartelli del genere siano resi impercorribili attraverso diversificazione delle provenienze. Il significato del nuovo nucleare andrebbe considerato anche con riferimento a un potenziale ruolo di tetto nel senso sopra esposto.
Tornando alle rinnovabili, risorse andrebbero dedicate a garantire l’autonomia con priorità rispetto a proseguire una politica di incentivazione della installazione degli impianti con costo sulle bollette dell’ordine di dieci miliardi da oltre dieci anni destinato a protrarsi per più di un decennio.
Un ulteriore incremento della potenza installata (da non confondere peraltro con l’energia prodotta quando serve) non ci salverà dal rischio di cartelli se continuiamo ad installare pannelli fotovoltaici prodotti fuori Ue da paesi in grado di controllare anche i materiali (che includono quelli per i sistemi elettronici ausiliari e non solo le celle).
Produzione europea? Non limitarsi alle logiche economiche di breve periodo
Desistere da produzioni interne all’Ue perché i costi di produzione autonoma sarebbero oggi superiori a quelli dell’offerta odierna non è un argomento valido. Vanno invece tenute presenti le prevedibili dinamiche (learning curve per la produzione interna e soprattutto potere contrattuale del fornitore esterno).
Sono importanti al riguardo le decisioni che dovrà assumere la nuova Commissione Ue nella consapevolezza che il tema oltre a risvolti economici decisivi ha anche importanti implicazioni geopolitiche e che lo strumento dazi all’importazione (CBAM) con il trasferimento inevitabile dell’onere sul consumatore può forse servire a guadagnare tempo ma non può essere una soluzione stabile.
Fabio Pistella, già presidente del CNR, membro dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, direttore generale dell’ENEA
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