25 Settembre 2024

Von der Leyen bis, obiettivi climatici e il problema del bagnino

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Per raggiungerei gli obiettivi climatici, la Commissione von der Leyen bis dovrà risolvere il problema del bagnino, ovvero scegliere la combinazione di percorsi che permette di arrivare nel minor tempo possibile. Su ENERGIA 3.24 Valeria Palmisano Chiarelli delinea le prospettive per la decima legislatura europea e la nuova Commissione.

La transizione energetica procede a stento. Occorrerebbe prendere atto che le attuali policy non stanno funzionando – come mostrato su queste pagine da Di Giulio e Migliavacca e confermato in un recente paper pubblicato su Science – ed elaborare un nuovo corso della lotta al cambiamento climatico. E invece “accelerazione si candida a diventare la parola chiave della legislatura” europea, come riporta Valeria Palmisano Chiarelli, esperta di affari europei, nel suo articolo su ENERGIA 3.24.

copertina ENERGIA 3.24

La Commissione von der Leyen bis e il nuovo Parlamento europeo sono infatti già a lavoro per spianare la strada agli ormai prossimi obiettivi climatici intermedi rispetto al net-zero fissato per il 2050: –55% delle emissioni al 2030 rispetto al livello del 1990 e –90% al 2040, target già individuato nel 2021 e che “sarà con ogni probabilità fra i piatti forti nei primi cento giorni della nuova Commissione”.

Il von der Leyen bis, le politiche climatiche, il Rapporto Draghi

L’Autrice esamina i temi dirimenti per l’agenda della nuova Commissione, in attesa di un programma di lavoro per il 2025 e di indicazioni su come verranno recepite le raccomandazioni di Draghi sulla competitività europea che, nonostante alcune velate critiche alle politiche passate, è molto probabile che venga utilizzato da von der Leyen per ampliare la portata del Green Deal e giustificare l’obiettivo per il 2040.

L’articolo muove dalla presentazione delle conferme attese e delle novità da ponderare del von der Leyen bis (par. 1). “È stato chiaro fin da subito che dopo gli eccessi del Green Deal Ursula avrebbe dovuto brandire tempestivamente la bandiera della competitività industriale, per rattoppare il consenso non solo nei gruppi apertamente contrari alla sua candidatura, ma anche all’interno della sua stessa famiglia politica. Da qui, la poca sorpresa nel trovare un Clean Industrial Deal fra le priorità del prossimo mandato, il minimo sindacale per una sua ri-elezione.

(…) Più evocativo, invece, e foriero di domande è il nuovo Industrial Decarbonisation Accelerator Act che, sempre negli orientamenti politici di luglio, accompagna il promemoria sulla necessità di introdurre un obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni nette al 2040 verso la neutralità climatica del 2050”.

Il problema del bagnino

Ma come giustificare e soprattutto pensare di raggiungere nuovi e più ambiziosi obiettivi se non vi è certezza di conseguire quelli già in essere? Il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030 fissati dalla prima Commissione von der Leyen richiede infatti una riduzione delle emissioni nei prossimi anni a un tasso 3 volte superiore quello registrato nello scorso decennio. Per rispettare le nuove intenzioni di Bruxelles, bisognerebbe profondere in questo decennio gli stessi sforzi compiuti negli scorsi quaranta anni. In questo modo, “il valore medio annuo di riduzione delle emissioni dell’1,375% sostenuto nel periodo 1990-2030 passerebbe al 3,5% nel periodo 2030-2040”.

“Complice il periodo estivo torna in mente il problema del bagnino”, scrive Palmisano nel secondo paragrafo. “Stando a vecchi principi dei tempi di Pierre de Fermat (8), per raggiungere in tempo e salvare il bagnante incauto, il bagnino dovrebbe seguire un percorso inizialmente più lungo sulla sabbia – forte di una maggiore velocità su quel terreno – per poi puntare a nuotare meno in acqua, dove sarebbe di certo meno veloce.

Si tratta, insomma, di scegliere quella combinazione di percorsi che permette di raggiungere l’obiettivo – in questo caso il malcapitato – nel minor tempo possibile”. Cercando di non compromettere ulteriormente la competitività dell’economia europea, già penalizzata da prezzi dell’energia due-tre volte superiori a quelli americani, come ricordato nel Rapporto Draghi.

“Resta ovviamente da risolvere – con urgenza – la questione che è sotto gli occhi di tutti, quella dei finanziamenti e delle risorse disponibili a sostegno di questi investimenti (3. Il nodo dei finanziamenti e gli spunti di Letta e Draghi). Anche in questo caso però qualche spunto incoraggiante – e che richiederà coraggio nelle decisioni politiche – è arrivato tanto dal report Letta quanto dai discorsi di Draghi, dove i punti di contatto sul tema della transizione energetica sono numerosi e interessanti”.

Matematicamente la «maggioranza Ursula» dovrebbe reggere

Il quarto paragrafo presenta il Parlamento della X legislatura europea. “Guardando ai programmi elettorali che i principali gruppi politici hanno presentato in vista delle elezioni, i Popolari non hanno fatto menzione del target al 2040 concentrando i propri messaggi sulla neutralità tecnologica, il rilancio della competitività e gli investimenti. Socialisti e Verdi sono stati invece più espliciti sulla necessità di imprimere un’accelerazione alla transizione verso la neutralità climatica con un target intermedio post 2030. Vale la pena inoltre riflettere sugli equilibri nazionali (10) all’interno del nuovo Parlamento guardando ai cinque paesi che contano il maggior numero di eletti”, ovvero Germania, Francia, Italia, Spagna, Polonia.

von der Leyen target climatici

Nelle conclusioni (par. 5), Palmisano presenta alcuni consigli attesi sulla velocità. “Dopo un primo scambio di vedute nel marzo 2024, i ministri sono tornati più di recente sul target al 2040 al Consiglio Ambiente del 17 giugno (ma) la decisione vera e propria potrebbe essere rimessa, come in passato sugli obiettivi clima, direttamente al Consiglio europeo”.

Democrazie (al voto) vs autocrazie

Alla prevedibile continuità delle politiche ambientali ed energetiche che si prefigura in Europa con la rinomina di Ursula von der Leyen, si contrappone una loro possibile anche profonda modifica nell’altra sponda dell’Atlantico, tema affrontato sullo stesso numero da Gaetano Di Tommaso del Roosevelt Institute for American Studies.

“Una comunione o, perlomeno, allineamento di intenti sulle due sponde dell’Atlantico pare premessa fondamentale per procedere nel pur arduo ma necessario contrasto ai cambiamenti climatici”, scrive Alberto Clò nella presentazione del numero. L’analisi delle democrazie al voto (USA e UE) viene affiancata su questo numero da un tema attiguo, tanto rilevante quanto trascurato: quale sistema politico – autocratico o democratico – è più efficace nell’implementare politiche climatiche?

“La percezione che le democrazie liberali non siano riuscite a rispondere all’imperativo morale e scientifico di agire sul clima sta portando sia paesi in via di sviluppo, sia intellettuali occidentali, a guardare ai regimi e ai leader autoritari: forti, apparentemente, di un orizzonte temporale che consente loro di attuare interventi a lungo termine, nonché dell’immunità dall’opinione pubblica e che dà loro maggiori margini di manovra per introdurre politiche controverse ma rispettose del clima”.

Un tema che viene affrontato da due angolature differenti con il contributo di Pablo Osornio e Byford Tsang e quello del sociologico Luigi Pellizzoni.


Il post presenta l’articolo di Valeria Palmisano Chiarelli Il Von der Leyen bis e il problema del bagnino pubblicato su ENERGIA 3.24 (pp. 10-13)

Valeria Palmisano Chiarelli è esperta in affari istituzionali europei


Foto di JoeBreuer da Pixabay

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