La storia degli errori fecondi è quella raccontata da GB Zorzoli nel suo ultimo volume edito per Il Mulino, che il nostro direttore Alberto Clò ha recensito su ENERGIA 2.24.
In 135 densissime pagine G.B. Zorzoli, forte della sua gran cultura, ripercorre dieci «errori fecondi» che motivano – come sta scritto nel sottotitolo – «come uno sbaglio può contribuire al progresso», talora modificando radicalmente il corso della Storia. Da qui, il «diritto all’errore», connaturato alla stessa logica del progresso scientifico che procede non per successi ma per errori, come garanzia delle libere scelte, senza cui non possono che prodursi regimi autoritari. Dei dieci errori fecondi, alcuni attengono al mondo dell’energia cui Zorzoli ha fornito nel tempo e tuttora fornisce grande capacità di analisi e di acuta critica.
Il primo riguarda il petrolio che, col dollaro, ha caratterizzato il Novecento segnando il predominio degli Stati Uniti nell’energia e nell’economia e facendo irrompere pesantemente la geopolitica nel gioco energetico mondiale. Quel che spinge gli Stati – ad iniziare dalla Gran Bretagna – ad intervenire nella regolazione dell’industria energetica a sostegno della loro potenza e a difesa della loro sovranità.
Con poche efficaci pennellate l’Autore dipinge gli albori dell’industria petrolifera; gli errori e gli imprevisti che l’hanno attraversata, ma anche le opportunità che ne hanno consentito il successo divenendo dal secondo Dopoguerra e ancor oggi la prima fonte di energia consumata nel mondo. Quel che tuttavia non impedirà al petrolio, ad avviso dell’Autore, «in tempi lunghi ma non lunghissimi» – quindi del tutto incerti – di evitare la sua emarginazione dal mercato con l’inevitabile decisione di «chiudere i pozzi e di lasciarlo sottoterra». Passando, in tal modo, dal rischio che potesse essere raggiunto il picco della sua offerta, a dispetto di una domanda in costante crescita, alla sua estromissione per effetto soprattutto della pressione politica a liberarsene per ridurne l’impatto negativo sui cambiamenti climatici.
Se così sarà, si andrà verso la distruzione di immani risorse minerarie considerando gli investimenti in atto che si prevede possano portare ad un forte aumento dei ritrovamenti, per 31 miliardi di barili, come Zorzoli ha recentemente sostenuto sulla Staffetta Quotidiana del 5 aprile 2024.
Di tutt’altra natura il capitolo sull’«Imbarazzante padre dell’ecologia»: il professore Ernst Heinrich Philipp August Haeckel, eclettico e poliedrico specialista di mille saperi che nel 1868 dette la prima definizione del termine ecologia. Imbarazzante per il mondo ambientalista essendo Haeckel convinto assertore della superiorità del popolo tedesco rispetto ad ogni altro popolo, specie, scrive Zorzoli “negri ed ebrei”, fornendo un pieno e convinto sostegno alle «teorie razziste e alle peggiori ignominie commesse dal nazismo». Una connessione che permarrà nella storiografia dei movimenti ambientalisti ove le radici di quello tedesco potevano farsi risalire all’ottocentesco culto della natura incontaminata, cui il nazismo avrebbe conferito un’inflessione particolare con la sua religione della natura. Ne sarebbe derivata la mistura di un misticismo primitivo, di un’ecologia pseudo-scientifica, di una mitologia della salvezza con la ricerca della connessione perduta con la natura che si rispecchiava in un fondamentale disprezzo dell’umano e, come corollario logico, un attacco contro gli sforzi umani di dominarla.
Se non fosse per il fatto che pur sempre di nazismo si trattava, le politiche ambientali adottate allora dalla Germania avrebbero potuto considerarsi antesignane di quelle moderne, anche nell’impostazione autoritaria che a nostro avviso ha connaturato le politiche ambientali vieppiù invasive sui nostri comportamenti e le nostre libertà.
La concezione haeckeliana ha fortemente influenzato il pensiero tedesco «così che il rispetto per la natura e per l’ambiente è parte integrante del sentiment del comune cittadino». Questo spiega la più intensa adesione della Germania, e della sua popolazione, ad aggressive politiche climatiche che ha cercato con pieno successo, per non subirne danni di imporre – via Bruxelles – agli altri paesi europei al di là delle loro specificità e interessi, ma con la loro compiacente adesione.
Ciò è avvenuto grazie al peso politico di Berlino in Europa ma anche al forte supporto della presidente tedesca della Commissione europea Ursula von der Leyen, stretta collaboratrice di Angela Merkel, nonostante la scia di imbarazzanti «incidenti» che avevano segnato la sua lunga carriera politica, che Zorzoli elenca in modo puntuto.
Supporto rispetto a tutti i desiderata della Germania: si trattasse della penetrazione delle risorse rinnovabili o dell’auto elettrica. Scelta quest’ultima, scrive Zorzoli, volta a «rifarsi una verginità» dopo le vergognose malefatte e truffe compiute dalla Volkswagen che hanno danneggiato l’intera industria europea. Anche qui incredibilmente accettate dagli altri paesi europei. Il terzo fecondo errore è quello che segnò l’iniziale avversione allo sviluppo delle risorse rinnovabili che non costituirono risposta alle crisi petrolifere degli scorsi anni Settanta, che videro esplodere di 20 volte i prezzi del petrolio, grossomodo da 2 a punte di 40 dollari al barile.
Solo il presidente americano Jimmy Carter (1977-1981) si batté per lo sviluppo dell’energia solare, con iniziative che pur se avversate e capovolte dalle successive presidenze lasciarono comunque il segno specie sul versante della ricerca. La lettura dell’istruttivo libro di Zorzoli non riguarda solo i fecondi errori avvenuti in passato. La sua indiscussa utilità si allunga infatti sul futuro, sollevando interrogativi, non essendovi alcuna certezza di quel che oggi sembra acclarato.
Uno in particolare vien da porsi: degli attuali convincimenti – che riguardino l’ammontare delle risorse energetiche, i cambiamenti climatici, le innovazioni tecnologiche, la geopolitica delle risorse, la estromissione del petrolio, l’auto elettrica – quali si dimostreranno col tempo «fecondi errori», non potendosi dar per certo solo quel che più aggrada? Non per essere provocatori, ma cosa fa supporre, ad esempio, che il marketing catastrophism, come lo indicava il Breakthrough Institute il 17 aprile 2023, sia un’assoluta incontestabile verità, al di là del parere quasi unanime degli scienziati, e non un errore di cui in futuro potremmo renderci conto e di cui pentirci?
La recensione di Alberto Clò di G.B. Zorzoli, Gli errori fecondi. Come uno sbaglio può contribuire al progresso pubblicata su ENERGIA 2.24 (pp. 84-85)
Alberto Clô è direttore della rivista Energia e del blog RivistaEnergia.it
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