La transizione energetica e l’utilizzo intensivo di metalli critici va di pari passo con lo sfruttamento degli sterili minerari. Le dighe di sterili, infrastrutture normalmente poco considerate, rappresentano un’opportunità nel recupero di questi materiali. Esse, però, sono anche una minaccia, se la loro gestione e manutenzione non risponde alle dovute cautele.
La crescita dell’innovazione tecnologica che si è verificata negli ultimi decenni è stata possibile anche grazie all’utilizzo di un numero crescente di metalli e metalloidi della tavola periodica geochimicamente rari. A differenza dei metalli di base come ferro, rame, stagno e piombo, i metalli critici si trovano in genere in concentrazioni relativamente basse, mediamente inferiori allo 0,1%. Raramente formano depositi autonomi e si trovano piuttosto inclusi a livello interstiziale nei minerali contenenti metalli con proprietà fisiche e chimiche simili.
Il risultato è che questi metalli sono recuperati solo come sottoprodotto durante la lavorazione dei metalli “ospiti”. Pertanto, la loro disponibilità dipende dal fatto che vengano recuperati durante il processo produttivo invece di essere lasciati nella ganga. Con questo termine ci si riferisce al complesso dei minerali che non hanno interesse economico e che vengono eliminati durante la fase di arricchimento.

Fonte: N.T. Nassar et al. in Science Advances (2015)
Il gallio, essenziale per la produzione di semiconduttori, radar e dispositivi di comunicazione radio, è un sottoprodotto della lavorazione della bauxite o dello zinco.
La Cina sta guardando al fosfuro di indio come un’opportunità per scrollarsi di dosso la dipendenza dalla tecnologia occidentale dei semiconduttori. L’indio è un sottoprodotto del processo di raffinazione della sfalerite, il minerale da cui si estrae lo zinco. Il germanio, anch’esso fondamentale nella produzione di semiconduttori, viene recuperato dalla lisciviazione di residui di zinco o dalle ceneri di carbone.
I sistemi elettro-ottici (impiegati per i sensori e i sistemi di imaging termico, come le moderne termocamere), utilizzano semiconduttori basati su cristalli di tellururo di mercurio-cadmio (MCT). Il tellurio, utilizzato anche in alcuni tipi di pannelli solari, ha una produzione mineraria globale di circa 500 tonnellate. In larga parte, questo è un sottoprodotto della raffinazione dei fanghi anodici raccolti dalla raffinazione elettrolitica del rame.
Questo solo per citare una minima parte delle applicazioni di alcuni di questi metalli tecnologici.
Le miniere producono prevalentemente rifiuti
L’ultimo rapporto del Payne Institute della prestigiosa Colorado School of Mines, The state of critical minerals report 2024, sottolinea come nel prossimo futuro l’industria mineraria globale dovrà focalizzarsi sul recupero degli sterili minerari. In passato considerati rifiuti, oggi rappresentano un enorme potenziale per soddisfare la crescente domanda. Infatti, ogni anno vengono prodotti circa 12,7 miliardi di tonnellate di sterili minerari a livello globale. Questi sono pari a circa 8 città come San Francisco compresi abitanti ed edifici.
Le miniere producono metalli, ma producono anche rifiuti, genericamente indicati come sterili. Anzi, diversamente da quanto si creda, in termini di quantità, sono i rifiuti il prodotto principale di una miniera. Il rapporto roccia-metallo (rock-to-metal ratio, RMR) è una metrica fondamentale per comprendere la loro entità. Nel caso del cobalto, ad esempio, per i diversi impianti estrattivi l’RMR varia da 465 a 2.157, con un valore medio globale di 859.
Bombe ecologiche
I bacini di sterili sono tra le strutture più grandi e pericolose dell’ingegneria umana, ma il loro funzionamento e la loro esistenza è praticamente sconosciuta a coloro che non vivono nelle loro vicinanze. Alte spesso oltre 100 metri e lunghe chilometri, queste strutture sono tra le più grandi mai realizzate dall’uomo, e anche tra le più pericolose. Sono opere di ingegneria civile di concezione completamente diversa dalle dighe convenzionalmente utilizzate in ambito idrico.
Le dighe di sterili sono soggette a rigidi vincoli economici definiti nel contesto del progetto minerario nel suo complesso: mentre le dighe convenzionali producono benefici economici che generalmente superano il loro costo, quelle di sterili sono passività per l’operazione mineraria durante tutta l’attività estrattiva e anche dopo.
Queste strutture costituiscono un rischio finanziario esiziale per le compagnie minerarie. Il crollo della diga Fundao nella miniera di Samarco, nello Stato di Minas Geiras in Brasile, ne è un esempio. L’indicente ha provocato una colossale ondata di 40 milioni di metri cubi di fanghi tossici provenienti dall’estrazione degli ossidi di ferro. La stessa ha spazzato via il villaggio di Bento Rodriguez nel novembre del 2015 portando con sé oltre 15 vittime.
Oggi BHP Billiton, la più grande compagnia mineraria globale, deve affrontare una richiesta di risarcimento multimiliardaria presentata per conto di circa 620.000 presunte vittime del disastro. Si consideri che BHP e Vale, la compagnia statale brasiliana comproprietaria della miniera, hanno già raggiunto un accordo con le autorità brasiliane per pagare circa 28 miliardi di dollari di indennizzi. Dagli atti del procedimento giudiziario avviato nel Regno Unito sono emersi dettagli rilevanti. I dirigenti della compagnia mineraria infatti stavano confrontando il “fattore indignazione” dovuto al potenziale cedimento della diga di sterili con la fuoriuscita della Bp nel Golfo del Messico legata all’esplosione mortale della Deepwater Horizon. Nel gennaio 2019, un’analoga catastrofe ha ucciso centinaia di persone a Brumadinho, sempre in una miniera di minerale di ferro nello Stato di Minas Gerais.
Fine pena mai
Ulteriore aspetto, ben più grave, che differenzia le dighe convenzionali da quelle di sterili consiste nella durata nel tempo di queste ultime: al termine della sua vita utile una diga convenzionale può essere smantellata lasciando che il corpo idrico che la alimentava riprenda il suo corso.
Una diga di sterili non può essere smantellata a meno di non spostare gli sterili in un altro luogo, ipotesi quantomeno irrealistica. Pertanto, è destinata a confinare per sempre le centinaia di milioni di tonnellate di residui tossici che contiene. Normalmente il monitoraggio, l’ispezione e la manutenzione della diga cessano progressivamente dopo la fine della coltivazione della miniera. Se andiamo ad analizzare le probabilità di cedimento scopriremo che sono vicine al 50% in un periodo di circa 100 anni e che tendono progressivamente al 100% per periodi superiori al secolo.
Il peggio deve ancora accadere
Le stime del World Mine Tailings Failures, redatte in base a studi degli esperti del settore, valutano in circa 29.000-35.000 i bacini attualmente esistenti tra attivi, inattivi e abbandonati contenenti circa 223 miliardi di tonnellate (534 miliardi di metri cubi).
Dal 1915, sono stati documentati 364 crolli di dighe di sterili: 71 di questi si sono verificati dal 2010. Il tributo in vite umane è stato di 2.995 vittime, di cui 482 dal 2010, mentre sono oltre 4.000 i chilometri di corsi d’acqua inquinati, di cui oltre 2.100 dal 2010. In questi incidenti sono stati sversati oltre 275 milioni di metri cubi di fanghi tossici, di cui oltre 110 milioni dal 2010. La tendenze in atto nel primo decennio del secolo indicavano la possibilità che si verificassero 18 cedimenti catastrofici nel decennio 2015-2024 se ne sono già verificati nove di incidenti molto gravi e cinque di gravi.
I ‘rifiuti estrattivi’
Ecco, quindi, che le sfide ambientali legate alla gestione futura delle dighe di sterili potrebbero essere trasformate in un’opportunità di recupero delle risorse. Come viene sottolineato nel report del Payne, la conoscenza delle condizioni delle dighe di sterili è scarsa. Per ridurre al minimo i rischi per la sicurezza e l’ambiente, è necessaria una valutazione approfondita della loro stabilità fisica e chimica. Questa valutazione è costosa, perché include attività di monitoraggio, campionamento, studi ingegneristici e attività di bonifica.
D’altra parte, se utilizziamo come metrica il valore dei metalli contenuti, solo per una piccola parte dei depositi di sterili il riprocessamento risulta vantaggioso. Quanto sta accadendo evidenzia come è diventato improcrastinabile per le compagnie minerarie migliorare le proprietà ambientali degli sterili, attraverso la desolforazione o una maggiore rimozione dei metalli, e ridurre i rischi associati alla stabilità delle dighe attraverso la disidratazione e l’accatastamento a secco (dry stacking).
Ecco come la necessità di sviluppare nuovi approcci tecnologici che possano migliorare i recuperi e l’economia del ritrattamento, coniugati alla sicurezza, offra anche la possibilità di fornire al mercato quei metalli tecnologici la cui domanda continua a crescere in termini esponenziali.
Giovanni Brussato è ingegnere minerario
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Foto: N.T. Nassar et al. in Science Advances (2015)
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