Il recente report Ember evidenzia ancora una volta la contraddizione che contraddistingue l’elettrico mondiale: crescono le rinnovabili toccando nuovi record, ma crescono anche le emissioni di CO2 per la parallela crescita della domanda di elettricità.
La contraddizione é dentro l’elettrico mondiale: più si decarbonizza, più le emissioni crescono. Più le rinnovabili raggiungono record di crescita, più la CO2 si espande. Ogni anno si aspetta con impazienza il report di Ember – sintesi mirabile della situazione internazionale – e ogni anno ci si trova di fronte allo stesso quadro apparentemente contraddittorio: è stato un altro anno record per il solare, le rinnovabili non sono mai state così alte, e tuttavia ciò non è sufficiente perché le emissioni dell’elettrico sono cresciute. (Per confronto si veda il mio commento al rapporto del 2023 La fetta fossile della torta elettrica).
Il grafico che segue descrive molto bene questo fenomeno strano dell’unità di elettricità che diventa di anno in anno più green e, contestualmente, il carbonio lievita.

Solare, vero e proprio game changer dell’elettrico internazionale
Cerchiamo di concentrarci sui numeri più importanti tra i numerosi offerti da Ember: nel 2024 la crescita della generazione elettrica da rinnovabili è stata più alta del 49% rispetto al 2023. Condizioni favorevoli all’idro hanno certamente favorito questo risultato ma, più di tutto, assistiamo al decollo imperioso del solare, vero e proprio game changer dell’elettrico internazionale.
Basta dare uno sguardo al grafico dell’espansione delle rinnovabili dal 2001 ad oggi, per rendersi conto che l’unico elemento di novità del trend è la crescita del solare. Non assistiamo a un andamento espansivo dell’eolico mentre l’idro risente, di anno in anno, della variabilità delle condizioni meteorologiche che possono favorirlo straordinariamente, come nel 2024, oppure silenziarlo, come nel 2023.

Al contrario, per il solare assistiamo a una crescita vorticosa favorita dai miglioramenti tecnologici e degli abbattimenti di costo. Basti pensare che la generazione elettrica da solare raddoppia ogni tre anni.

Ma il solare non basta
Questa crescita esponenziale è indubbiamente un fenomeno nuovo e positivo che rappresenta la punta di diamante della transizione energetica. E, tuttavia, esso non è sufficiente.
Nella contabilità annuale si registra la crescita delle emissioni perché è vero che la nuova domanda elettrica è soddisfatta in gran parte da energia rinnovabile ma c’è un pezzo che viene alimentato dalle fonti fossili. Finché nel grafico della crescita della domanda elettrica continueremo a vedere pezzi di istogrammi colorati di grigio – il colore che Ember usa per rappresentare i fossili – ci troveremo di fronte all’apparente contraddizione di un’elettricità sempre più decarbonizzata a livello unitario ma caratterizzata da emissioni globali crescenti. In altre parole, ciò che viene conquistato a livello unitario è più che compensato dalla crescita di scala dei consumi elettrici.
Ci sono tre numeri che spiegano in modo semplice ciò che sta accadendo. Nel 2024 le fonti low carbon (nucleare incluso) hanno generato il 40,9% dell’elettricità complessiva. Il solare è stata la fonte di energia elettrica in più rapida crescita (+29%) per il 20° anno consecutivo. La domanda elettrica è cresciuta del 4% (2,3% nel 2023).
Ed è proprio quest’ultimo numero che manda in tilt la contabilità delle emissioni, facendole crescere. Assistiamo a due paradossi: da una parte è proprio l’elettrificazione, che rappresenta l’asse portante della transizione energetica, a causare l’autogol.
La forte crescita della domanda elettrica (favorita anche dalla transizione)
La domanda elettrica cresce così tanto che le fonti low carbon, nonostante lo stato di grazia dell’idro, non riescono a soddisfarla totalmente: da qui il ricorso alle fonti fossili. Dall’altra, a soffiare sulla domanda elettrica è proprio il cambiamento climatico che, facendo crescere le temperature, induce consumi di aria condizionata considerevoli. In parole semplici, cresce il cambiamento climatico, crescono i consumi elettrici, crescono le emissioni: amen.

Ember sottolinea il ruolo significativo giocato dalle onde di calore nel far crescere la domanda elettrica e, a seguire, il ricorso alle fossili. Ma lasciare intendere che se non ci fossero state le ondate di calore le emissioni sarebbero finalmente diminuite rappresenta una magra consolazione. Anche perché i consumi di aria condizionata indotti dal caldo sono sì considerevoli, ma non straordinari. Al contrario, andiamo verso un futuro in cui il circolo vizioso più caldo-più consumi elettrici-più emissioni potrebbe diventare la norma.
Altro aspetto interessante è quello relativo alla grande spinta data ai consumi elettrici dai data center, la cui espansione contribuisce alla crescita della domanda in misura maggiore rispetto a due driver cruciali quali le auto elettriche e le pompe di calore.

Secondo un recente report della Iea, si prevede che la domanda di elettricità dei data center in tutto il mondo raddoppierà entro il 2030, raggiungendo 945 terawattora (TWh), un volume superiore all’intero consumo elettrico del Giappone oggi. Si tratta di una nuova dimensione emergente in questi anni che porta a una riconfigurazione delle economie contraddicendo, in certa misura, la tradizionale correlazione tra espansione dei servizi e contestuale diminuzione dei consumi energetici.
Se questa ipotesi fosse corretta saremmo di fronte, per la prima volta, alla negazione della tradizionale forma parabolica dell’intensità energetica. In parole povere, non sarebbe più vero che i consumi energetici, e dunque le emissioni, diminuiscono nella misura in cui l’economia cresce e il peso dei servizi aumenta all’interno del Pil. Al contrario, la tecnologia diventa essa stessa volano della domanda di energia. È presto per dire se davvero siamo di fronte a un punto di rottura del modello tradizionale, tuttavia è certo che la questione dei data center energivori rappresenta una sfida ulteriore, e imprevista, per la transizione energetica.
La domanda elettrica è concentrata in quattro aree principali
Chiudiamo con due riflessioni conclusive. La prima si riferisce alla geografia: la domanda elettrica è concentrata in quattro aree principali: Cina, Stati Uniti, Unione Europea e India che da sole fanno circa il 62% del totale. La Cina ammonta a circa un terzo della domanda elettrica globale.
Altro aspetto interessante è rappresentato dalle forti differenze nell’intensità carbonica dell’elettricità, che va dagli oltre 700 gr. CO2/KWh dell’India ai circa 30 grammi francesi. Da notare che la grande espansione del settore elettrico in Cina sta avvenendo, nonostante la crescita delle rinnovabili, a livelli di intensità carbonica nettamente superiori alla media mondiale (560 vs 473 gr. CO2/KWh). Dunque, al momento, il decollo dello stock di auto elettriche cinesi non è affatto sinonimo di decarbonizzazione, semmai l’opposto.


Le rinnovabili si espandono ma le fossili saranno in gioco ancora a lungo
L’ultima riflessione concerne la questione cruciale dalla quale siamo partiti, ovvero la decarbonizzazione del settore elettrico. Certo, prima o poi verrà un giorno in cui le rinnovabili saranno in grado di soddisfare al 100% la domanda elettrica addizionale, frenando in tal modo la crescita delle emissioni. È sbagliato però ritenere quel giorno coincida con la soluzione del problema. Il fatto che si superi il picco delle emissioni non significa che le stesse virino velocemente verso lo zero.
Come mostra l’ultimo grafico di questo articolo, la quota crescente di rinnovabili poggia su uno zoccolo considerevole di fonti fossili che sostengono circa il 60% della generazione elettrica mondiale e che è difficile scalfire.

La crescente domanda di elettricità, e la difficoltà delle fonti low carbon di soddisfarla, inducono a ritenere che, al pari delle precedenti, la transizione green implicherà l’addizionalità delle nuove fonti alle tradizionali, piuttosto che la sostituzione del vecchio con il nuovo.
È questo che i dati fino ad oggi testimoniano, una lentezza esasperante nella penetrazione green. Se questo fosse lo scenario dei prossimi decenni, sarebbe auspicabile l’adesione alla massima “il meglio è nemico del bene”, investendo nelle tecnologie di decarbonizzazione delle fonti tradizionali, così come, ovviamente, in quelle nuove, prioritarie.
ERRATA CORRIGE: versione del 16 aprile “Il solare da solo ha rappresentato il 29%” corretta il 28 aprile come segue “Il solare è stata la fonte di energia elettrica in più rapida crescita (+29%) per il 20° anno consecutivo”
Enzo Di Giulio è economista ambientale e membro del Comitato Scientifico di ENERGIA
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La fetta fossile della torta elettrica, di Enzo Di Giulio, 5 Maggio 2023
Foto: Unsplash